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Carlo Pelanda: 2021-4-4La Verità

2021-4-4

4/4/2021

La sterilizzazione del debito può evitare l’aumento delle tasse

Due mesi fa 150 studiosi firmarono un appello per l’acquisto e sterilizzazione dell’extradebito causato dalla pandemia da parte della Bce. Il tema fu ripreso dal Parlamento europeo con favore anche per la cancellazione dell’extradebito stesso. Il presidente della Bce, Christine Lagarde, rispose che ciò non era possibile perché in violazione dei trattati europei. Ora il prolungamento dei blocchi economici per motivi precauzionali costringe il più degli gli Stati europei a ricorrere ad un indebitamento aggiuntivo nel 2021 che potrebbe diventare destabilizzante in due modi: o difficoltà a pagare gli interessi da parte di alcuni Stati per l’aumento dei tassi o necessità di alzare le tasse per tenere le finanze pubbliche in equilibrio. Il primo rischio dipende da quanta inflazione esporteranno nel mondo sia la politica economica superespansiva dell’America sia l’aumento del prezzo del petrolio in relazione alla capacità della Bce di controllarla, oltre alla ripresa interna. E’ ancora da valutare. Ma è già chiaro e incombente il secondo rischio: se non cambia qualcosa, l’enorme debito cumulato dagli Stati europei richiederà un sostanziale aumento delle tasse per bilanciarlo. Poiché un debito si riduce con la crescita e l’aumento della tassazione tende a comprimerla, si intravede il rischio di stagnazione con eccesso di debito irrisolto. Tale rischio è mortale, in prospettiva, per le nazioni storicamente più indebitate ed inefficienti tra cui spicca l’Italia. Questa ha raggiunto i 2.600 miliardi di debito equivalenti a circa il 160% del Pil. Se il debito italiano già acquistato dalla Bce, più quello (semi)programmato entro metà 2022, fosse rinnovato e trattenuto nel suo bilancio, sterilizzandolo, il rapporto debito/Pil potrebbe arrivare ad un più sostenibile 120%, anche non costringendo il governo a ridurre gli interventi d’emergenza nel breve per limitare il deficit extra.  Pertanto chi scrive suggerisce di approfondire e mettere in priorità tale opzione che non è solo interesse italiano, ma anche di parecchi altri europei: almeno 11 nazioni sulle 19 dell’Eurozona. In realtà è interesse di tutti perché se Francia, Italia o Spagna andassero a rischio di insolvenza o, più probabile, di recessione destabilizzante, allora salterebbe l’euro.

Chi scrive sta sottovalutando lo scenario migliore: rimbalzo dell’economia italiana nel secondo semestre 2021 con recupero del Pil perso nel 2020 entro i primi mesi del 2022? No, è incluso nello scenario di rischio appena detto. Sta rimuovendo la necessità di alzare le tasse comunque contro il debito, provata dal fatto che Regno Unito Stati Uniti hanno annunciato un loro rialzo rilevante e prolungato? No, bisogna considerare che le due nazioni citate sono in piena sovranità monetaria e con un mercato liberalizzato che favorisce l’efficienza: hanno una varietà di combinazioni tra politica monetaria e fiscale per bilanciare il problema sia di debito sia di crescita che è molto maggiore della rigida Eurozona. Ma il governo Draghi, guidato dai dati, sta seguendo solo quelli medici o anche quelli economici? Certamente anche i secondi: ciò è provato dalla “sparata” fatta da Mario Draghi in un recente summit europeo: non può esistere una moneta senza Stato e quindi l’Ue proceda verso la confederalizzazione iniziando con il rendere ricorrente e non una tantum (come ribadito dalla Germania) il ricorso agli eurobond. Ma poi ha aggiunto la consapevolezza che tale progetto unionista avrà tempi lunghissimi. Infatti non sarà facile superare l’ostacolo della Germania per un peculiare blocco costituzionale. Cultura residente (e provinciale) dell’idealismo monetario a parte, la legge costituzionale tedesca (come quella giapponese) fu scritta dagli americani con l’intento di impedire lo stanziamento di risorse economiche per politiche di influenza esterna. Tale impostazione impone formalmente alla Corte costituzionale (che la può usare come scusa) un controllo sulla spesa o garanzia pur votata dal parlamento per impieghi esterni come la copertura del Recovery Fund. Prima di cambiare questa “roba” ce ne vorrà di tempo. Ma alla fine il Recovery Fund finanziato da indebitamento condiviso passerà in un modo o in un altro pur in ritardo e con revisioni? Probabile, tuttavia resterà una tantum e bisognerà ripagarlo aumentando le tasse per il suo rimborso.

In sintesi, l’unica “Europa” che funziona, pur con il difetto di subottimalità, e dove si vota a maggioranza mettendo la Germania in minoranza, nonché la Corte tedesca fuori giurisdizione, è la Bce. Cancellare il debito non è possibile: salterebbe la fiducia globale. Ma lo si può sterilizzare, con una riforma di prassi che non richiede modifiche ai trattati. Questi vietano la monetizzazione dei debiti pubblici che avviene via eurosistema: il debito di una nazione è acquistato da una Banca centrale nazionale (sul mercato secondario) che incassa gli interessi dallo Stato emittente, ma poi glieli ritorna come utile di bilancio. La riforma di prassi: indirizzare tali utili da interessi verso un fondo di riserva della Bce stessa e non più agli Stati. Così non vi sarebbe monetizzazione diretta del debito. Ma quanto debito può restare nel bilancio della Bce per decenni? Tanto, più di quello che serve per annullare gli effetti dell’extradebito pandemico. Le tasse? Con una dedebitazione parziale come qui ipotizzato il loro aumento potrebbe essere evitato.

(c) 2021 Carlo Pelanda
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