Ottima notizia: giovedì scorso Joe Biden e Ursula von der Leyen hanno concordato la fine dei dazi come ritorsione reciproca e la creazione di un comitato congiunto per chiudere tutti i contenziosi commerciali tra Stati Uniti ed Ue. I produttori di grana padano e di altri marchi italiani penalizzati da dazi statunitensi fino al 25% possono rivedere al rialzo i loro budget proiettivi. Ma c’è ben di più: accelera la riconvergenza euroamericana rendendo credibile un trattato di libero scambio in tempi rapidi. Se questo fosse siglato, e in esso fosse inclusa la tutela dei marchi italiani alimentari contro le imitazioni, certamente l’Italia avrebbe il maggior vantaggio in relazione alle altre nazioni europee. Tale fenomeno è già visibile a seguito dei trattati “zero dazi” siglati dall’Ue con Canada e Giappone. Dal 2013 al 2016, quando l’Amministrazione Obama propose un accordo ambizioso, denominato “Ttip”, all’Ue, la Francia pose ostacoli protezionisti e la Germania subì il ricatto di Cina e Russia che erano esclusi e temevano che un blocco euroamericano li avrebbe depotenziati. Anche parte del settore agricolo italiano mostrò opposizioni temendo la non tutela dei marchi e invasioni. A questi va ricordato che serve proprio un trattato per tutele e compensazioni. Probabilmente l’accordo euroamericano sarà semplificato come trattato doganale e lascerà fuori alcuni settori protetti per non complicarne l’approvazione, come già anticipato da Weber, capogruppo del Ppe al parlamento europeo, a fine 2020. Il punto: è infatti rilevante avviare un’evoluzione dell’alleanza atlantica unendo alla sicurezza comune (Nato) anche l’integrazione dei due mercati. Il momento è favorevole perché l’America ha bisogno dell’Ue per limitare l’espansione della Cina. In tale contesto l’Italia ha rilevanza geopolitica per spostare verso una convergenza atlantica un’Ue ancora con qualche dubbio e monetizzare questa posizione.