La ricerca dell’autonomia nazionale statunitense per la produzione di beni strategici – chips, terre rare, materiali sanitari, batterie, e tanti altri ancora non detti - recentemente ordinata da Joe Biden con sostegno bipartisan non riguarderà solo il perimetro nazionale, ma si estenderà agli alleati che l’America ritiene sicuri per l’inclusione nella “supply chain”, come enfatizzato nella presentazione dell’iniziativa alla stampa. Quali alleati? Una prima ipotesi va ricercata nell’analogo lavoro svolto per lo più in modalità riservata dall’amministrazione Trump: certamente quelli dove c’è una presenza o collaborazione militare statunitense con capacità condizionanti forti, con preferenza per il Pacifico: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Australia (di certo rilievo per le terre rare). E c’è un prenegoziato tra America e India. Infatti la Cina ha tentato di rispondere, nell’autunno 2020, proponendo a queste nazioni sensibili vantaggi dall’inclusione entro un un’area di libero scambio del Pacifico. Ma ha ottenuto solo una partecipazione leggera, molto al di sotto della soglia politica, quando l’amministrazione Biden ha anticipato a queste nazioni, a fine gennaio, lo status di alleati privilegiati. E gli europei? Al momento non ci sono segnali chiari che questi vengano inclusi nel perimetro di fornitori considerati sicuri, Regno Unito a parte. Probabilmente ciò dipende dal fatto che l’America ha intenzione di usare la preferenza per gli alleati asiatici, in particolare dell’Indo-Pacifico, non solo per la priorità anticinese, ma anche per forzare la convergenza atlantica di Germania e Francia, in particolare della prima che, pur con forte presenza militare statunitense nel territorio, tenta un gioco di equilibrio neutralista tra America stessa e Cina (e Russia). Se così, e sembra lo sia, diventa più chiara l’interpretazione statunitense del “multilateralismo selettivo”: creare un mercato internazionale amerocentrico dove avvengono gli scambi e i flussi più importanti, qui da tempo anticipato come processo di de-globalizzazione e ri-globalizzazione selettiva.
Il punto: l’amministrazione Biden sta coinvolgendo le grandi imprese e gli attori finanziari statunitensi per co-disegnare il nuovo perimetro di “mercato sicuro” interno ed esterno. L’industria e i fondi finanziari europei non possono permettersi di restare esclusi o marginali in questa riconfigurazione. Una soluzione potrebbe essere quella di una riconvergenza forte e non ambigua tra Ue e America, ma negoziando uno spazio concordato di relazioni con Cina e Russia. Qui l’Italia potrà pesare molto.