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Carlo Pelanda: 2021-2-21La Verità

2021-2-21

21/2/2021

Per l’Italia c’è un’opportunità di “cavourare” nel G7 (e nella diplomazia dei vaccini)

Negli ultimi giorni sono emerse con più chiarezza le posizioni entro l’alleanza delle democrazie, lato euro-atlantico. Il valutarle serve a capire se ci sia uno spazio di posizionamento attivo per l’Italia a conduzione Mario Draghi, precursore di scambi “cavouriani”. C’è.

E’ rassicurante che nella riunione G7 Boris Johnson abbia preso una posizione convergente con quella di Joe Biden in materia di Lega delle democrazie in opposizione ai regimi autoritari, Cina in primis. C’era il timore, infatti, che la strategia “Regno Unito globale” post Brexit portasse Londra verso un mercantilismo neutralista e conseguente perdita di una democrazia chiave nel contrasto globale alle dittature. Meno rassicurante, invece, è la posizione di Angela Merkel che, pur a favore di una riconvergenza con gli Stati Uniti, segnala problemi. Quali? Certamente l’interesse di Berlino, spinto dall’industria, a tenere posizioni nel mercato cinese che implica una non piena convergenza con l’America che preme per una coalizione anticinese e antirussa. E non rassicura la posizione di Emmanuel Macron di formare una difesa europea francocentrica che depotenzierebbe la Nato pur Parigi tenendo una postura di alleato collaborativo con l’America. Washington non si fida di un’autonomia franco-tedesca con la capacità di avere mani libere nel globo. Qui per Roma c’è uno spazio per “cavourare”, prendendo una postura nettamente atlantica in cambio di un rapporto privilegiato con Washington, ma senza frizioni con Parigi e Berlino. Possibile? La Germania ha interesse ad avere buone relazioni con la Cina, ma anche con l’America. Al suo interno c’è un conflitto latente tra portatori del westbindung (legame con l’Occidente) e del neutralismo mercantilista, in parte connessi con quelli che vedono un futuro di massima potenza per la Germania nella formazione di un’Eurasia sino-tedesca incrociata con la ottocentesca, ma viva, strategia “sud-est” che implica la proiezione di influenza verso Balcani, Turchia e Iran fino all’Indo-Pacifico. Infatti la Francia persegue una presenza nei Balcani a contrasto. Per inciso, non sembra casuale che Draghi abbia enfatizzato l’attenzione italiana verso l’Adriatico e oltre. E certamente la Russia teme un accordo sino-tedesco che la tagli fuori, come per altro già successo nei percorsi della Via della Seta. In sintesi, c’è una Germania divisa e incerta sulla propria collocazione, contrastata dalla Francia e potenzialmente dalla Russia nonché guardata con preoccupazione dall’America: pertanto è la Germania il soggetto europeo più bisognoso di comprensione e aiuto, considerando l’assenza di Merkel nelle prossime elezioni del settembre 2021. Ipotesi: un’Italia più nettamente atlantica può schierarsi con la Germania nel convincere l’America a concedere uno spazio non politico e tecnologicamente controllato di relazioni commerciali con la Cina in cambio di un trattato euroamericano fortissimo. In tal caso l’Italia svolgerebbe un doppio ruolo di garanzia atlantica e di euroconvergenza, anche interesse pratico di Roma per la connessione tra industria tedesca ed italiana. La Francia si metterebbe di traverso, come ha già fatto per l’ipotesi del trattato commerciale Ue-Usa? Ormai è tipico. Ma Parigi non ha forza sufficiente per interdire e lo fa solo per ottenere carotine agitando un bastoncino. Se sostenuta dall’America, l’Italia può spostare la trattativa intraeuropea verso il lato atlantico. La figura di Draghi è rilevante in questa bozza di scenario perché ha lo standing e il metodo di composizione degli interessi necessari per impostare tale “cavourata”. La presidenza del G20 implica prudenza diplomatica ecumenica, ma l’azione può già iniziare.

Anzi, il contrasto alla Cina è già stato potenziato con la schermatura umanitaria di fornire, via accordo G7, un vaccino alle nazioni povere del pianeta. La Cina lo sta facendo per consolidare la conquista di Africa, America del Sud e parte dell’Asia-Pacifico. La Russia si è messa in competizione offrendo il proprio vaccino (migliore) per il medesimo scopo. Ma alla strategia del G7 manca un chiaro orientamento nei confronti della Russia. Quello più produttivo sarebbe dare a Mosca incentivi per convergere gradualmente con il mondo delle democrazie, cosa che però Regno Unito e America non vogliono per non ridurre la minaccia da est all’Ue che la costringe a restare sotto l’ombrello Nato. Ma se non si tenta di portare Mosca a bordo, sarà poi impossibile (geo)circondare la Cina per condizionarla. Chi scrive già discusse il tema con i suoi ex studenti americani nello staff del compianto John McCain impegnato nella campagna presidenziale del 2008 dove propose una Lega delle democrazie che però escludeva la Russia. Mentre nel libro “The Grand Alliance” (2007) lo scrivente ne raccomandò l’inclusione: gli ex studenti, che sollevarono il punto, trovarono ostacolo in una russofobia diffusa, niente da fare. Come oggi Joe Biden. Ma l’ultimo Donald Trump, guidato da Mike Pompeo, invitò Mosca nel G7, comprendendo la geopriorità. Biden non farà tale invito, ma gli alleati europei potrebbero convincerlo ad includere il vaccino russo Sputnik nel paniere di quelli offerti al mondo con logistica comune, mossa migliore di un invito al G7. E l’Ue potrebbe produrlo su licenza, compensando la scarsità e, soprattutto, montando una collaborazione per le vaccinazioni future. Poiché esiste una “geopolitica dei vaccini” dovrebbe esserci anche una diplomazia degli stessi.

(c) 2021 Carlo Pelanda
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