La probabilità che la democrazia statunitense si destabilizzi è zero, ma quella che torni ad essere un interlocutore affidabile per trattati economici ed equilibrati è ancora da calcolare. Infatti tutti i governi alleati dell’America, rilevando i loro uffici di strategia un’incertezza di scenario su tale punto, si sono riassicurati con la Cina sia per ottenere un accesso al suo enorme mercato interno sia per utilizzare tale opzione allo scopo di aumentare la forza negoziale nei confronti di Washington. I recenti accordi per un’area di commerci facilitati nel Pacifico, con impulso cinese, e quello tra Ue e Pechino sugli investimenti (Cai) rimangono sotto la soglia politica, ma non impediscono di immaginare che possa essere superata, per non irritare l’America ed allo stesso tempo mandarle un segnale dissuasivo. In sintesi, gli alleati dell’America stanno usando la Cina some strumento per forzare l’America stessa a siglare accordi bilanciati e, soprattutto, a non disconoscerli dopo averli firmati, come fatto da Trump, o a lasciarli per anni in attesa di ratifica. Pechino lo ha capito e ha fatto loro concessioni enormi pur sapendo che l’azione delle democrazie è più una finzione strumentale che una nuova stabile direzione politica. Il gioco in atto è molto complesso. Per esempio, il rifiuto dell’India di partecipare all’area economica sinocentrica del Pacifico è stato discusso anche con la Russia il cui ufficio strategico vuole limitare l’espansione cinese. L’amministrazione Biden, dopo un iniziale segnale di “impero irritato” ha dovuto riconoscere il problema e - in sede di diplomazia bilaterale con gli alleati più rilevanti - promettere correzioni: è stata tutta colpa di Trump, Biden ricostruirà l’affidabilità americana.
Potrà? Mentre Trump minacciava, ma rendeva chiari, pur capestro, i termini di un accordo e la volontà di farlo, l’influente ala sinistra del partito democratico persegue un protezionismo assoluto, di “impronta Sanders”. Biden sta mostrando con le nomine la volontà di affrancarsi dal condizionamento di tale ala. Ma avrà bisogno della convergenza dei repubblicani centristi. Da un lato, non puntando ad un secondo mandato per età, sarà incline ad accordi bipartisan e vorrà entrare nella storia. Dall’altro, il partito repubblicano è indeciso sul come attuare tale convergenza senza spaccarsi in modo irreparabile. Il linguaggio di ricostituzione dell’impero via affidabilità e multilateralismo (selettivo) è già nei sussurri tra politici centristi: sarà un collante forte, ma non è ancora calcolabile se maggioritario o minoritario.