Analisti e commentatori hanno già individuato nella nomina di Katherine Tai – famiglia taiwanese – come responsabile statunitense del commercio estero una mossa dura contro la Cina autoritaria perché tende ad inserire nei criteri degli accordi economici il rispetto dei diritti umani. Infatti Pechino, che adotta un modello di sfruttamento delle persone per la propria competitività, ha reagito con preoccupazione. Ma chi scrive vuole estendere questa analisi perché, studiando da tempo la strategia sia tedesca sia francese di “potenza etica” per affermare la propria potenza stessa pur in condizioni di inferiorità sul piano della scala e della forza richieste per essere un potere globale, percepisce che l’amministrazione Biden potrebbe adottare il medesimo schema e convergere con l’Ue in una “grande strategia” euroamericana di “potere etico” contro quello “disetico” dei regimi autoritari. Se così, ed ha certa probabilità, ciò discriminerebbe le possibili relazioni economiche in base alla presenza o meno di uno Stato di diritto entro un modello democratico. Non sparirebbe del tutto il mercato globale, ma i flussi si concentrerebbero entro un mercato internazionale delle democrazie, cioè del capitalismo democratico, ed uno separato del capitalismo autoritario. Esito? Il mercato delle democrazie sarebbe vincente e continuerebbe a definire gli standard mondiali mentre quello dei regimi autoritari, trainato dalla Cina nazionalcomunista e oggi profetizzato come vincente, sarebbe ridotto ad una piccola regione isolata e depotenziata. In tale scenario l’Italia dovrebbe cambiare in tempo utile la sua attuale postura mercantilista prevalente per evitare guai. Ma quanto tale scenario è probabile? La Germania sta già abbandonando il proprio tipico mercantilismo. In America democratici e repubblicani concordano sull’uso del fattore etico contro la Cina: qualche mese fa il repubblicano Mike Pompeo avvertì che nel futuro valori e business dovranno coincidere, come farà la democratica Tai, e fece capire che l’avvertimento aveva natura geopolitica e non moralistica. Berlino colse il punto e si distanziò dalla Cina, Roma meno.
Più di dieci anni fa chi scrive chiese ai suoi interlocutori di un think tank tedesco i motivi dell’enfasi sul concetto di Germania come “potenza etica”. La risposta: il punto è lo status di potenza e se non lo si può avere con panzer e armi nucleari, allora bisogna trovare altri mezzi. Quando Angela Merkel importò in Germania quasi un milione di siriani, cercò di combinare l’interesse di prendersi ottimo capitale umano (istruito e secolarizzato) per bilanciare il calo demografico con quello, prevalente nel caso, di alzare il profilo etico della Germania per ottenere peso all’Onu e in generale. Poi ebbe problemi interni e de-enfatizzò questa tattica. Ma la riprese recentemente spingendo la Ue ad essere – apparentemente – generosa. E nella stessa logica c’è la pressione contro Polonia e Ungheria in materia di Stato di diritto. Ma è Emmanuel Macron che ha avuto la migliore idea per stagliare un’Ue francocentrica come potenza etica: imporre a livello globale lo standard ambientalista de-carbonizzante. La de-carbonizzazione via elettrificazione è stato usata come tema ad alto consenso precostituito come strumento per definire standard mondiali più favorevoli ai francesi (70% dell’energia prodotta da centrali nucleari) e all’auto tedesca. Chi scrive ha avuto prove nei seminari dove invocava la priorità dell’eco-adattamento (per esempio difese contro eventi idrogeologici estremi) sulla de-carbonizzazione ricevendo infastiditi rifiuti. In realtà era una provocazione per stanare il vero intento: condizionare l’accesso al mercato interno europeo via ecostandard e sfidare le potenze “carbon” (America, Cina e Russia) con il “verdismo” che, appunto, trova consenso in tutto il mondo. Finora è stato solo un tentativo europeo, debole per questa geo-limitazione. Ma se l’America converge rientrando sul trattato del clima, riattivando l’alleanza tra democrazie e inserendo standard eco e sociali come discriminanti per le relazioni economiche, allora il sistema euroamericano avrebbe forza e scala per configurare un mercato internazionale selettivo come substrato per il più potente apparato militare, economico e finanziario del pianeta. Inoltre, sempre più fondi di investimento privati pretendono che gli oggetti di investimento rispettino standard Esg (ambientali, sociali e di trasparenza): la Cina tenta di darsi una riverniciata, ma non basterà per nascondere distruzioni ambientali, civili e opacità perché dovrebbe cambiare regime. Chi opererà in Cina avrà sempre meno soldi dagli investitori con criterio etico in numero crescente e sarà costretto a presentare anche un “bilancio sociale” per essere scrutinato. L’analista Jan Bremmer ha scritto che l’America è troppo scassata e divisa per tornare al ruolo di leader mondiale. Joe Biden ha annunciato il ritorno dell’America nel mondo, ma avvertendo che vorrà farlo dando prima più ordine ed etica compattante al suo interno. In sintesi, la nuova conduzione statunitense percepisce, così come gli europei indeboliti, che deve trovare un nuovo strumento selettivo di potenza e che il fattore etico-ambientalista serve allo scopo. America e Ue sono piccoli per diventare ciascuno impero - bisognerebbe spiegarlo a Macron - ma ambedue non hanno perso la voglia di impero stesso e riconvergeranno per farlo. Pertanto è concreto e ravvicinato per il pensiero strategico italiano il tema di come collocare l’Italia nella tendenza di impero del bene contro quello del male, annotando che il Vaticano, sorprendentemente, si sta compromettendo con il secondo e che l’Italia, orba di zeitgeist, cerca di tenere un piede in due scarpe.