Un dettaglio nella fase finale dell’accordo bilaterale sugli investimenti tra Cina e Unione europea (Bit) fa riflettere sulla necessità di un miglior inquadramento della “questione cinese” nelle relazioni euroamericane. Biden ha espresso una marcata insoddisfazione perché l’Ue, a presidenza di turno tedesca, non si è consultata con il suo team nel momento in cui abbozzava un compromesso con Pechino, accelerandolo anche per la pressione inusuale di Xi Jinping. Il punto è che gli europei non hanno alcun interesse economico a litigare con gli Stati Uniti, ma hanno anche la necessità di non farlo oltre misura con la Cina, in una situazione dove l’amministrazione Biden sta dando segnali che vorrà continuare la pressione contro la Cina stessa, forse perfino più di Trump. Per esempio, la nomina di Katherine Tai, con origine taiwanese, a responsabile del commercio estero e promotrice del criterio dei diritti e del fair trade negli accordi economici, ne è un segno. La Germania, vera titolare della trattativa tra Bruxelles e Pechino, ha tentato una tattica cerchiobottista. Da un lato, ha enfatizzato il “westbindung”, cioè il legame atlantico, e proposto – via il capogruppo del Ppe nel parlamento europeo, Weber – un trattato doganale tra Ue e Stati Uniti simile a quello con il Canada. Dall’altro, ha accettato l’accelerazione negoziale cinese (d’accordo con la Francia) corroborata da aperture mai fatte in precedenza da Pechino. Tale tattica, però, ha dato al team di Biden un segnale di ambiguità e inaffidabilità in un contesto dove altri alleati solidi degli Stati Uniti – in particolare Giappone, Australia, N. Zelanda e Corea del Sud – hanno accettato il progetto cinese di un’area di libero scambio nel Pacifico. In sintesi, a Washington è forte la sensazione che gli alleati abbiano colto la fase di transizione nel governo statunitense per fare con la Cina accordi che sarebbe stato difficile chiudere con una amministrazione Trump e Biden in pieno potere. C’è il rischio che l’America reagisca duramente con svantaggio per l’export europeo.
Per minimizzare tale rischio una soluzione potrebbe essere quella di generare un accordo quadro tra Ue e Usa dove la prima concorda con i secondi uno spazio perimetrato di relazioni commerciali con la Cina (e la Russia) in cambio di una relazione privilegiata di mercato e politica con gli Usa stessi. In tal modo il mercato avrebbe un segnale chiaro di cosa si possa fare e di cosa sarebbe vulnerabile a dazi e sanzioni. Senza una tale precisazione perimetrale l’incertezza comprimerebbe i flussi commerciali globali con danno per tutti.