L’Italia, in base ai dati del 2019, è la settima potenza industriale del pianeta e la seconda manifatturiera-esportatrice entro l’Ue. In un recente rapporto Confindustria rileva che il sistema industriale italiano ha avuto un rimbalzo spettacolare nel terzo trimestre dopo la caduta dovuta al blocco nel primo semestre 2020. Anche il resto delle attività economiche è stato molto dinamico, più del previsto, nel periodo estivo. Altri dati mostrano che l’Italia è ai primi posti in Europa sul piano dell’economia circolare (riciclo produttivo di materiali) e delle energie alternative pulite nonché area densa di innovazioni. Questa immagine non vuole e non deve nascondere i difetti e le debolezze del sistema, ma mostra che in Italia c’è una base economica forte, modernizzante e resiliente. Ciò porta alla considerazione che poche riforme capaci di aggiustare difetti e debolezze troverebbero un sistema forte e dinamico che andrebbe rapidamente in boom – più crescita e occupazione - se fossero attuate. Questo è stato il succo di un recente intervento all’Università Bocconi di Ursula von der Leyen il cui “non detto”, secondo l’interpretazione di chi scrive, è una critica al governo italiano: tratta il Paese come se fosse una nazione debole, esercitando uno statalismo assistenzialista e burocratico, nonché disordinato, mentre è un’economia forte che ha bisogno di un governo che metta al centro degli interventi l’impresa e il mercato per moltiplicare la loro forza e dinamicità, così contribuendo alla crescita di tutta l’Ue invece di pesare per il troppo debito. Anche in fase di emergenza epidemica? Chi scrive osserva che c’è un’esagerazione nelle restrizioni alle attività economiche e una tendenza a promettere “ristori” e assistenze che superano le capacità di spesa. L’Italia resterà settima potenza economica mondiale se il suo governo capirà che può dare più fiducia alle capacità precauzionali degli attori di mercato, restringendo di meno le loro attività, così tenendo in vita più imprese e posti di lavoro.