La priorità di una politica di governo è produrre fiducia. Gli scenari economici 2021-22 sia di caso peggiore sia di quello migliore convergono sulla previsione di un rimbalzo economico a seguito della vaccinazione di massa già a metà 2021 mentre differiscono sulla sua intensità. Ciò implica che già ora gli attori economici possano valutare quando scongelare gli investimenti privati che saranno il vero motore della ripresa. Ma in Italia i più non lo stanno facendo: aziende e famiglie lasciano ferma la liquidità sui conti bancari, cumulandola. Nelle altre nazioni comparabili la situazione non è tanto migliore, ma ci sono segni di un iniziale scongelamento. Qual è il problema italiano? Evidentemente c’è un gap di fiducia che spinge imprese e famiglie a tenere i soldi fermi per motivi precauzionali. E se tale insufficienza perdurasse, allora lo scenario peggiore si avvererebbe: recupero del Pil 2019 solo nel 2024-25, rielaborando le recenti proiezioni Istat e Banca d’Italia, e mancato o troppo lento riassorbimento di circa un milione di disoccupati creati dai blocchi all’economia negli ultimi dieci mesi. Se, invece, lo scongelamento del risparmio precauzionale e degli investimenti aziendali fosse accelerato nel primo semestre 2021 seguendo l’evidenza di una vaccinazione di massa efficiente ed efficace, allora il recupero del Pil 2019 potrebbe avvenire già entro il 2022, con un recupero rilevante dell’occupazione già nel 2021. Ma per tale scongelamento non basterebbe solo la conferma di una vaccinazione ben organizzata. Ci vorrebbe anche una chiarezza sulle misure di politica economica per la facilitazione della ripresa. Queste, in Italia, al momento non ci sono: fino a febbraio saranno in vigore sostegni d’emergenza, precisati, ma insufficienti. Per il dopo c’è il buio. In Germania e Francia, per esempio, le prospettive sono più chiare e rassicuranti. Il punto: il governo italiano non sta producendo fiducia economica come potrebbe e dovrebbe.