Chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti avrà il problema di armonizzare i requisiti della nazione e dell’impero, cioè i costi del secondo con le possibilità reali della prima. Il tipo di soluzione avrà impatto sul ciclo globale del capitale. Tale problema non ha trovato soluzione da quando fu esplicitato nel 1973 da Henry Kissinger. Questi propose il passaggio dalla gestione singola della sicurezza ed economia internazionale ad una collettiva, cioè la condivisione dei costi dell’impero con gli alleati, in particolare Germania e Giappone, ricevendo un rifiuto. Queste interlocuzioni informali (Library Group) furono base per il G5 (1975) poi G7, ma tale organo non risolse il problema. L’Amministrazione Reagan e quella Bush senior, nonché Clinton, lo ignorarono perché in situazioni trionfanti. Condoleezza Rice, strategist di Bush junior, nel 2000, formulò la dottrina dell’interesse nazionale contro il globalismo clintoniano: ingaggio diretto statunitense solo per interessi vitali e delega agli alleati per la loro sicurezza areale pur con il sostegno dell’ombrello statunitense. La reazione all’insorgenza islamista riportò l’America ad un ingaggio diretto globale con costi nazionali devastanti. Obama tentò un compromesso tra dottrina dell’interesse nazionale (lead from behind) e ingaggio globalista, ma bilanciato: creazione di due aree di mercato integrato nel Pacifico (Tpp) e nell’Atlantico (Ttip) dove le nazioni accettavano di ridurre lo squilibrio commerciale con l’America. In combinazione con la strategia di consolidare l’impero con metodo “soft” contro la Cina emergente. Per inciso, Pechino reagì lanciando la “Via della seta”. Trump, nel 2017, cancellò l’iniziativa di Obama e impose agli alleati sia trattati commerciali simmetrici per ridurre il deficit commerciale (in realtà aumentato) sia più spesa militare, minacciando barriere all’export. Ma, alla fine, sta ripercorrendo il progetto obamiano pur con metodo hard sul piano nominale, ma non su quello sostanziale.
In sintesi, nel confronto tra modelli di impero esclusivo ed inclusivo tende a prevalere il secondo. Tony Blinken, consigliere di Biden, lo annuncia esplicitamente come dottrina del reingaggio globale con aperture agli alleati, marcandone la necessità. La burocrazia imperiale ha molto attutito le forzature di Trump verso gli alleati e continuerà a farlo nell’eventuale secondo mandato. Lo scenario al momento più probabile è che l’America 2021 persegua una variante del progetto obamiano. L’armonizzazione tra nazione ed impero resterà subottimale, ma il dollaro rimarrà forte.