Chi scrive sostiene la proprietà nazionale di Borsa italiana non per nazionalismo, ma per un’analisi dei requisiti di “autonomia giurisdizionale” utili a far funzionare in espansione un mercato dei capitali connesso al peculiare sistema industriale residente. L’ipotesi: se l’obiettivo prospettico è quotare migliaia di piccole e medie aziende, anche per attrarre una maggior aliquota dell’enorme risparmio italiano, oltre che di quello globale, sull’economia italiana, allora servono regole e facilitazioni speciali. L’alternativa a questa ipotesi è quella della neutralità proprietaria: chiunque possieda la piattaforma di quotazione ha interesse a svilupparla. Vero, ma solo se nella proprietà non ci fossero soggetti statali. Per esempio, Euronext è uno strumento di dominio, pur condotto con intelligenza e qualità, della Francia. La quotazione di migliaia di imprese italiane le renderebbe molto più competitive in frizione con quelle francesi. Ma il punto principale riguarda la specificità del sistema italiano che richiede regole speciali.
Ci sono almeno 3.000 piccole imprese che potrebbero quotarsi sul segmento Aim nei prossimi 3-4 anni, di cui circa la metà è già propensa. Per saturare questo potenziale è necessario aumentare sia la liquidità del segmento borsistico sia fornirla alle singole aziende affinché possano perfezionare la loro presentabilità al capitale. Tale obiettivo implica la facilitazione fiscale e regolamentare di due tipi di fondi privati di investimento. Fondi di private equity e di private debt a rendimenti completamente detassati se con la missione prevalente di accompagnare in Borsa una piccola azienda finanziandone l’ultimo miglio, cioè rafforzamento manageriale e gestione, modello di business, internazionalizzazione, strategia di marchio, digitalizzazione, ecc. Fondi Pipe (Private investments in public equity) attivisti egualmente detassati che dinamizzino le piccole aziende quotate. Poi governo e regolatori dovrebbero semplificare le acquisizioni, incentivare la digitalizzazione delle imprese, ridurre i pesi fiscali. E facilitare la configurazione dell’azienda Borsa italiana come piattaforma ipertecnologica che permetta agli analisti di valutare migliaia di piccole aziende quotate con un click, connessa con tutti gli operatori del globo. In conclusione, il tema della proprietà di Borsa italiana va valutato in relazione all’obiettivo di quotare migliaia di piccole/medie aziende per renderle più grandi e competitive, dando leva forte al Made in Italy. Anche a quello tecnologico eventualmente in associazione con il Nasdaq.