Chi scrive, da mesi, ha la sensazione che sia in atto uno swap tra Roma e la diarchia franco-tedesca: soldi e sostegno politico “europei” in cambio di una convergenza dell’Italia entro una configurazione a “tetrarchia” (Diocleziano, fine del 3° secolo) dove Parigi e Berlino sono gli “augusti”, cioè chi comanda, e Roma e Madrid i “cesari” subordinati. Tale architettura, poiché include le quattro nazioni più grandi dell’Ue, ha un effetto di consolidamento della diarchia. Che però riduce la rilevanza intraeuropea delle nazioni più piccole, con loro rischio di vassallaggio. Infatti l’Olanda, le nazioni baltiche e quelle di Visegrad hanno tentato di sabotare l’incentivo franco-tedesco a Spagna ed Italia per evitare la formazione di un gruppo di potere intraeuropeo non sfidabile. E continueranno a farlo. Ma lo scenario più probabile è che l’architettura tetrarchica riuscirà a consolidarsi perché sia Francia sia Germania hanno la priorità di compattare l’impero – che è un moltiplicatore della loro forza nazionale altrimenti insufficiente – per cercare di collocarlo con vantaggio nella crescente turbolenza globale dove al momento ha un destino di svantaggio per inerzie e assenza causate da una governance destrutturata. La soluzione tetrarchica, in effetti, aumenta la scala e la varietà del sistema di controllo per pareggiare la varietà delle possibili divergenze. Compattazione via tetrarchia, appunto.
Per l’Italia lo swap ha il vantaggio di chiudere la latente divergenza con Parigi e Berlino, ma il rischio di perdere “ricchezza residente”. La Francia ha bisogno di dominare la ricchezza finanziaria – motivo delle azioni la cui punta dell’iceberg emerge nelle cronache - e, soprattutto, industriale dell’Italia per pareggiare lo strapotere tedesco in una diarchia dove è parte cedente. Inoltre ha la priorità di portarla in direzione post Nato, intanto conquistando la sua notevole industria militare e tecnologica, evitando che si rafforzi via partecipazione a programmi aerospaziali ed eso con America e Regno Unito. La Germania ha interessi di conquista industriale minori, pur non assenti, perché già dominante, ma vuole allineare l’Italia alla sua politica estera che, diversamente, dall’interesse francese, è neutralista, mercantilista pur non post Nato. In sintesi, stabilizzata la strategia tetrarchica, l’Italia ha un potere residuo per destabilizzarla che le permette di difendere via negoziato la propria “ricchezza residente”. Gli attori finanziari italiani, perché più a rischio, dovrebbero premere sul governo affinché sia meno cedente.