L’Italia è passata dagli eurovincoli selettivi alla condizionalità sistemica conseguente alla decisione della diarchia franco-tedesca di compattare l’Ue in forma di “impero inclusivo”. Tale configurazione implica creare dei vassalli che aiutino i diarchi nel comando, ma incentivandoli con remunerazioni invece che costringerli via imposizioni, come avvenuto finora, per stabilizzare il comando stesso. Questo è il motivo di “geopolitica di potenza” che ha portato Germania e Francia a concedere a Italia e Spagna notevoli vantaggi economici, pur ancora solo sulla carta, in cambio del loro vassallaggio. In particolare, la Germania ha la necessità di finanziare i compratori del suo export e di farlo spendendo il meno possibile soldi nazionali: gli eurobond, che gravano sul complesso europeo, sono la formula più risparmiosa e non certo segno di solidarietà. La Francia, oltre ad avere bisogno di soldi a fondo perduto, ha percepito – congiuntamente al pensatoio strategico tedesco – che la crisi pandemica avrebbe potuto scatenare frammentazioni nell’Ue, indebolendo il “Reich Noveau” da loro cogestito. Di fronte a questo rischio esistenziale hanno reagito con lucidità strategica e rapidità, trovando una Spagna consenziente ed un’Italia perfino auto-annessionista.
Pertanto, realisticamente, bisogna elaborare una strategia che ottenga più vantaggi dal vassallaggio, minimizzando gli svantaggi e attutendolo. Infatti qualche vantaggio c’è perché la formula dell’impero inclusivo implica che il vassallo sia pagato. Uno importante è già visibile nell’attivazione – se confermata – di prestiti eurogarantiti che comportano l’aumento della fiducia da parte del mercato finanziario internazionale sulla sostenibilità del crescente e già enorme debito italiano e la conseguente riduzione dello spread. Un altro potrebbe essere l’applicazione morbida della condizionalità ordinativa: l’impero ha bisogno che la provincia italiana resti in ordine e che la sua popolazione non si ribelli, ma anche di limitare la divergenza con le nazioni rigoriste che in realtà è strumento per la strategia di compattazione di una lega nordica, arricchita recentemente dalla finora riluttante Finlandia, come marca semi-indipendente dalla diarchia. E la divergenza con le nazioni di Visegrad. Il semi-separatismo di ambedue le aree trova il sostegno degli Stati Uniti e del Regno Unito per indebolire, in particolare, la Germania. Il vassallaggio dell’Italia (e Spagna) è fondamentale per impedire che una sua eventuale divergenza isoli Germania e Francia entro un’Ue con maggioranza di province filoatlantiche. Semplificando, la combinazione delle questioni dette porterà Berlino a forzare l’Italia verso un maggiore ordine, ma darà a Roma una forza negoziale che, anche se non sovrana a causa della dipendenza esterna per sostenere il debito, le permetterà di attutire gli svantaggi. Ovviamente alla condizione che si instauri un governo capace di monetizzare la rilevanza dell’Italia. Tuttavia, per ridurre il rischio di eurodivergenza e di contrasto dell’Italia, Germania e Francia, pur in modi disgiunti, interverranno più direttamente negli affari interni italiani, sostenendo una politica affine e, soprattutto, prendendo il controllo degli snodi nel ciclo del capitale finanziario e industriale italiano che oggettivamente condiziona la politica. Berlino sarà più interessata ad addomesticare gli orientamenti internazionali di Roma, Parigi più al controllo degli snodi economici per la sub-strategia di pareggiare il potere industriale tedesco. Tale partita sarà complicata dall’intrusione della Cina favorita, con inspiegabile leggerezza geopolitica, dall’attuale governo. C’è una strategia che permetta di difendere la ricchezza nazionale, correlata tipicamente al grado di sovranità e giusta scelta delle alleanze, in questo risiko?
Ragioniamo. Per trattare con la Germania l’Italia dovrebbe rafforzarsi dove Berlino è più debole e impedita: la capacità militare. Per poter bilanciare il vassallaggio via accordi con gli Stati Uniti, cercando qualcosa da scambiare con loro, oltre alla tutela della Nato – ma anche la Germania lo farà nominalmente – esce al primo posto, in prospettiva, la proiezione di una presenza militare italiana nel Pacifico coordinata con America, Giappone, Australia, ecc., in funzione anticinese. Poi l’idea già in maturazione di mandare truppe italiane a combattere con quelli francesi nel Sahel potrebbe essere potenziata in cambio dell’allentamento della pressione francese per l’acquisizione di alcuni snodi industriali e finanziari italiani. In sintesi, la strategia “cavouriana” di proiettare anche lontano la forza militare per scambiare con l’alleato giusto un sostegno per interessi nazionali vicini, appare quella potenzialmente più efficace per ridurre il vassallaggio e le conseguenze. Tale ragionamento illumina, per intanto, una linea precisa d’azione utile per lo sviluppo industriale e per gli interessi geopolitici nazionali: più spesa militare per sistemi navali e aerospaziali, e spaziali, evoluti in collaborazione con Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, alcuni con la Francia, ma senza farla prevalere. Il modo migliore per attutire il vassallaggio, infatti, è una postura netta di schieramento con l’America contro la Cina – in nome di un’alleanza tra democrazie, aquila multicefala contro il dragone nazista - che la Germania non potrebbe impedire perché l’America, a conduzione democratica o repubblicana, la stenderebbe. Abbiamo qualche chance di ritrovare autonomia e vantaggi pur inchiodati nell’impero inclusivo