Gli avvertimenti di Bridgewater, Goldman ed altri sul rischio che il dollaro – e quindi il sistema finanziario statunitense - perda lo status di riferimento globale e il conseguente premio sono realistici. Non solo per i motivi dichiarati, ma per un altro taciuto: la frammentazione in blocchi regionali/meganazionali del sistema mondiale ridurrebbe la scala della Pax Americana, trasformando l’America da impero mondiale in regno locale, con l’ovvia conseguenza di rimpicciolire il raggio di riferimento del dollaro. Tale scenario è già in tendenza visibile. Il punto: lo status del dollaro dipende dall’ampiezza dell’impero statunitense, il suo rimpicciolimento un motivo di de-dollarizzazione. Ma non è solo un problema per l’America: la configurazione a blocchi in relazione conflittuale tra loro mette in crisi l’effetto espansivo del mercato internazionale per ogni nazione e la finanza globalizzata. Pertanto la soluzione non è ricostruire l’impero americano perché ormai l’America, da sola, è troppo piccola per sostenerlo, ma è quella di inserire l’America in un’alleanza ampia che ripristini la fluidità dei flussi in un mercato almeno semiglobale.
Chi scrive presentò nel 2007 questa idea, cioè la transizione dalla Pax Americana ad una Nova Pax dettagliata nel libro “The Grand Alliance”, ad élite statunitensi. In particolare: la formazione di un mercato integrato delle democrazie (Free Community), a partire da un nucleo G7 che poi ne includesse altre evolvendo verso una sempre più forte convergenza sia monetaria sia geopolitica. La stessa idea fu presentata in sede Ue. In ambedue gli ambiti le reazioni furono negative: l’America, come il dollaro, resterà centro mondiale e non accetterà alleanze che implichino anche piccoli cessioni di sovranità e, sul lato europeo, l’Ue è un centro mondiale alternativo all’America così come l’euro. Ma parecchi annotarono l’idea. Che rispuntò nella proposta di “Lega delle democrazie” nella campagna di McCain (2008), nel progetto di Obama (2013-16) di creare due aree di mercato amerocentriche nel Pacifico (Tpp) e nell’Atlantico (Ttip) e perfino nella formula di accordi commerciali simmetrici – con Giappone, Canada, Messico, ecc. - siglati dall’americanista Trump. Ma senza una convergenza forte tra America ed Ue, e tra dollaro ed euro, l’idea non prenderà concretezza ed efficacia. Pertanto si invitano gli attori finanziari europei e statunitensi a definire il comune interesse per salvare sia dollaro sia euro via convergenza e a premere congiuntamente sulla politica, spaesata, affinché ne realizzi l’architettura politica