Aggiornamento di scenario. Nei prossimi 18 mesi la ripresa globale sarà lenta, ma con un’accelerazione all’inizio del 2021 che porterà il più delle nazioni a recuperare nel 2022 il Pil e l’occupazione perduti nel 2020. Tale stima si basa sulla quantità di denaro resa disponibile in forma di credito agevolato, interventi statali diretti nelle grandi imprese in difficoltà e finanziamenti a fondo perduto da Stati e Banche centrali e, soprattutto, sulla giusta allocazione degli stessi. Dove per “giusta” va inteso un minimo di assistenzialismo ed un massimo per investimenti nonché la tempestività dei sostegni. Ma per l’accelerazione nel 2021 bisogna attivare la spinta già nel secondo semestre 2020. Le nazioni che lo faranno, calcolando che in estate il mondo riaprirà pur con limitazioni precauzionali antivirus, andranno bene. Quelle meno capaci di giusta e rapida allocazione delle risorse no. L’Italia rischia di non farcela se non cambia politica economica. Questo era il messaggio tra le righe nella recente relazione annuale del governatore della Banca d’Italia e nelle righe dei comunicati emessi dalle associazioni produttive. Infatti il governo sta gettando i soldi senza mirare agli investimenti produttivi, è comunque lento nel renderli disponibili e non sta cambiando il modello economico verso la giusta direzione, cioè mettere in moto il ciclo degli investimenti pubblici immediati e facilitare quelli privati. In particolare, manca la comprensione della centralità dell’impresa in un sistema capitalistico. Facilitare l’impresa significa tutelare il lavoro riducendo al minimo il ricorso all’assistenzialismo. Se la politica e il modello non cambieranno in tempo utile l’Italia resterà in stagnazione, con danno strutturale all’economia e impoverimento di massa. Il sostegno Bce c’è, qualcosa dall’Ue verrà nel 2021, ma manca la stimolazione con strumenti nazionali adeguati adesso. L’Italia produttiva la sta invocando con esasperazione crescente.