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Carlo Pelanda: 2020-4-19La Verità

2020-4-19

19/4/2020

La Bce è il vero ed unico salvastati

In tutto il mondo gli Stati devono fare debito extra per coprire il fabbisogno finanziario d’emergenza attraverso garanzie al credito ed erogazioni dirette. Parte di queste risorse dovrà essere necessariamente “a perdere”. Pertanto lo scenario mostra due rischi prospettici combinati di destabilizzazione finanziaria e sociale a seguito di una depressione duratura: un debito eccessivo a carico degli Stati che ne inibisce l’allocazione di risorse di sviluppo e tutela ed una sua quota non ripagabile. Prima di questi c’è un terzo rischio che riguarda specificamente il più delle nazioni dell’Eurozona e, in particolare, l’Italia: i limiti regolamentari all’indebitamento riducono garanzie ed erogazioni d’emergenza. Una ripresa rapida e piena delle attività interrotte dal blocco precauzionale sarebbe la migliore soluzione per la riduzione di tali rischi. Infatti tutte le nazioni stanno cercando di farlo. Ma il periodo di convivenza con il virus prima del vaccino, e della sua somministrazione globale di massa, è al momento previsto piuttosto lungo dalla maggior parte degli esperti: dai 12 ai 18 mesi. In questo periodo la ripresa sarà rallentata e selezionata dalle precauzioni e avrà bisogno di sostegni a debito. Gli Stati dovranno poterli dare in quantità proporzionali al fabbisogno e ciò fa prevedere, appunto, una quantità di debito insostenibile per tutte le nazioni, e una percentuale di questo non ripagata dal ciclo delle garanzie. Soluzioni?

Quella di convogliare con remunerazione una fetta del risparmio liquido italiano (1.200 miliardi) in un fondo statale di intervento, quindi non a debito, va considerata, ma ha debolezze. In generale, la migliore è che le Banche centrali assorbano nel loro bilancio, comprandolo, una buona parte del debito emesso dagli Stati, poi sterilizzandolo e alla fine cancellandolo. Possibile? In parte, il meccanismo è già stato sperimentato per la gestione dell’indebitamento a seguito della crisi finanziaria del 2008 attraverso l’allentamento quantitativo: una Banca centrale compra debito, permettendo ad uno Stato di farne quanto serve, e poi lo trattiene nel suo bilancio riducendone i costi. La statunitense Fed, di fatto, si sta preparando a questa soluzione che permetterà allo Stato di indebitarsi fino a 6.200 miliardi di dollari, di più se serve (e servirà), coprendo il fabbisogno. Evidentemente nel dopo crisi dovrà trattenere buona parte di questo extradebito nel suo bilancio, sterilizzandolo, così garantendo la ripagabilità del restante (oltre il 100% del Pil) e, soprattutto, permettendo al governo interventi “a perdere” in un’economia che li richiede. Trattenere a lungo nel bilancio di una Banca centrale titoli di debito a cedola fissa implica la possibilità di cancellarli via inflazione nei decenni. Il Giappone ha scelto da tempo la strada della sterilizzazione tenendo il debito (257% del Pil) in mani solo nazionali. Ma è lo stampatore di denaro via monetizzazione del debito il soggetto più solido per la sterilizzazione e cancellazione del debito stesso, cioè il vero “prestatore di ultima istanza”. Anche la Bce si sta rendendo conto che tale funzione debba essere illimitata, espandendo la strada aperta da Mario Draghi nonostante l’opposizione rigorista - e stupidista sul piano tecnico - tedesca e il divieto statutario di monetizzazione (e di garanzia) dei debiti nazionali. La Bce ha già annunciato la disponibilità ad acquistare quasi mille miliardi sia di debiti nazionali, abrogando il limite delle quote nazionali per favorire i più inguaiati, tra cui l’Italia, sia di altre obbligazioni, non escludendo estensioni del sostegno. In particolare, trattiene già nel suo bilancio centinaia di miliardi di debito italiano. Se trattenesse anche quelli di extradebito l’Italia potrebbe trovare subito le risorse reali d’emergenza che servono e mantenere la fiducia sul debito stesso da parte del mercato, ora oscillante, grazie alla garanzia di fatto della Bce. Questa sostituirebbe, nelle contingenze, la necessità di eurobond: infatti l’Italia dovrebbe rinunciare a chiederli, evitando un conflitto perdente con la Germania – perché in Consiglio serve l’unanimità - in cambio di un potenziamento delle garanzie Bce dove il voto è a maggioranza e la Germania in minoranza. 

 Servirebbero modifiche di prassi dello statuto Bce, per esempio poter trattenere in bilancio i titoli per decenni invece che per tre anni, in sostanza sterilizzandoli. Ma quanta carta debitoria può assorbire il bilancio di una Banca centrale? Le ricerche sono in corso nel mondo – chi scrive vi partecipa – e le sensazioni preliminari sono che ne possa assorbire (e smaltire) tanta. Lo statuto della Bce, però, resterà rigido? In realtà prevede eccezioni che l’abilità tecnico-diplomatica potrà allargare. Per tale motivo sarebbe preferibile che Banca d’Italia prendesse la supervisione di questa azione verso la Bce, concordandola con altri dell’eurosistema, ma in combinazione con la politica economica nazionale, fino al punto di valutare la sostituzione dell’attuale ministro dell’Economia con una figura suggerita al Quirinale da parte di Banca d’Italia stessa, ingaggiandola nella gestione della crisi con le sue risorse di competenza. Dopo l’annuncio surreale che c’erano 400 miliardi di garanzie per il credito in realtà inapplicabili, è evidente che ci voglia all’Economia un ministro che la capisca. Meglio se in un governo d’emergenza di unità nazionale che sostituisca quello dell’ammuina.

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