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Carlo Pelanda: 2020-5-10La Verità

2020-5-10

10/5/2020

Bce e Mes oggetto di giochi di potenza

Circa due settimane fa alti funzionari del Mes, oppure altro personale europeo connesso, hanno chiesto riservatamente ad esperti italiani di fiducia suggerimenti per come far digerire all’Italia una richiesta di aiuto al Mes stesso. Questi esperti, a loro volta, hanno girato la domanda ad altri. Io sono venuto a conoscenza del fatto in terza battuta, un paio di giorni fa, quando in una conversazione occasionale uno di quelli del secondo girone, probabilmente ignaro della riservatezza originariamente richiesta, mi ha chiesto con lo spirito del ricercatore che parla con un collega: tu cosa avresti suggerito? Ho risposto: è ovvio che l’assunzione da parte della Bce del ruolo di prestatore illimitato di ultima istanza rende obsoleto ed inutile un “Meccanismo europeo di stabilità” che garantisce le nazioni indebitate in stress via prestiti carichi di condizionalità. In altri termini, se la Bce compra i debiti di una nazione in difficoltà senza limiti e condizioni, allora il Mes, che fu creato in un momento di crisi dove non era previsto che la Bce potesse intervenire in tal modo, non serve.  Ma mentre lo dicevo ho visto mentalmente lo scenario di frizione tra Mes e Bce. E mi sono chiesto: è solo un conflitto scatenato dai funzionari del Mes che temono di perdere il posto oppure questi sono stati aizzati da interessi geopolitici che vogliono mantenere un’architettura di rigore che permette alla Germania di esercitare un dominio sulle altre nazioni dell’Eurozona e/o comunque evitare di dare spunti all’elettorato ostile all’uso di denaro tedesco senza garanzie condizionali per aiutare altri, in particolari se untermensch italiani?

Se uno osserva la soluzione che sta emergendo trova i motivi per ipotizzare un forte intervento politico. La soluzione, infatti, è la sospensione della condizionalità – cioè del requisito di commissariamento esterno della politica fiscale – per erogare prestiti dedicati al potenziamento dei sistemi sanitari e loro dintorni. Un funzionario, ovviamente, non potrebbe mai promettere una tale deroga al trattato istitutivo del Mes. Lo possono fare solo i governi. Pertanto la deroga è un’azione politica. Con quale scopo? Preservare il Mes nonostante la sua inutilità (e, aggiungo, piccola scala finanziaria in relazione al fabbisogno in crisi massive come quella in corso), rendendolo “buono” nelle contingenze, ma per ripristinarne lo status di strumento condizionante appena termina l’emergenza. Questo secondo me è il piano. Se così, allora il rischio per l’Italia non è quello, come tanti pensano, di trovare condizionalità nascoste se chiedesse il prestito finalizzato fino a 36 miliardi, tra l’altro conferiti dall’Italia al portafoglio Mes, ma quello di farlo restare in vita e poi trovarselo addosso come strumento obbligatorio a cui ricorrere per sostenere la fiducia sul debito italiano, che a fine 2020 e nel 2021 sfiorerà il 160% del Pil, bene che vada. Questa è la vera trappola: se l’Italia chiede al Mes i 36 miliardi ne riconosce l’utilità/persistenza e nel 2021-22 sarà costretta a ricorrervi, facendosi imporre la patrimoniale e restrizioni come strumento antidebito. Infatti è sincera la promessa di non condizionalità per i 36, ma è insincera, o meglio “strategica”, la deroga. Pertanto il governo italiano non dovrebbe cadere nella trappola.

Ma potrà farlo solo se la Bce potrà continuare ad operare come prestatore illimitato di ultima istanza, comprando debito italiano, e di altri se servirà, anche oltre i limiti imposti dalle regole di capital keys, trattenendolo nel proprio bilancio a lungo per “sterilizzarlo” e così ridurne il peso sullo sviluppo. La Bce ha dichiarato questa intenzione – tecnicamente l’unica che salva l’euro e le singole euronazioni - ma votando a maggioranza contro Germania, il suo proxy Olanda ed altri. Ora dobbiamo chiederci: lo schizzo fuori tazza della Corte costituzionale tedesca che mette in discussione tale posizione della Bce per impedirla è stata una coincidenza non intenzionale oppure è parte della strategia politica tedesca per mantenere l’impianto del rigore come strumento di dominio? Non ho dati che permettano una risposta provata, ma il sospetto è forte, pregando di trattarlo solo come tale, al momento. Si consideri che Francia e Germania, diversamente dall’Italia, hanno “burocrazie imperiali” di elevato livello intellettuale (l’Italia ha un’ottima intelligence, ma manca di utilizzatori strategici). Certamente quella tedesca ha correlato lo scopo di tenuta del modello eurorigorista alla limitazione della Bce. Non sappiamo se poi la politica abbia fatto partire un segnale riservato alla Corte tedesca, ma, appunto, è sospettabile. Anche perché la sconfitta tedesca nel direttorio della Bce è inaccettabile per Berlino. Inoltre, la mossa antitedesca entro la Bce è sostenuta dalla Francia e non solo per la sua necessità di farsi garantire l’extradebito. Parigi vuole conquistare gli asset italiani – per bilanciare il potere tedesco – con una strategia di (finta) amicizia, sostenuta da incentivi verso nostre élite. Berlino vuole impedirglielo mettendo sotto frusta rigorista l’Italia, condizione che costringerebbe Roma ad arrendersi a Berlino e non a Parigi. E comunque i due concordano sul togliere di mezzo l’Italia, ma ingabbiandola. Sono solo sospetti, ma avendo osservato da decenni questi giochi, in alcune occasioni da dentro, l’ipotesi che ci sia qualcosa del genere in pentola è robusta. Chi si prepara a governare sappia che l’Italia è nazione chiave e non marginale, pur marginalizzata, e che dovrà gestire il problema del debito/sviluppo entro un contesto di giochi di potenza.

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