La crisi in Italia è pesante, ma proprio per questo spinge a progettare innovazioni che la trasformino in opportunità. Quelle qui presentate sono di fattibilità solo ipotetica, ma servono da stimolo a pensare in modo forte. Il modo debole, sul lato economico e finanziario, è invocare aiuto esterno: l’eurosistema certamente aiuterà, ma non potendo creare una piena funzione di prestatore illimitato di ultima istanza senza spaccare Ue ed Eurozona, lascerà un elevato gap di garanzia e liquidità che l’Italia troppo indebitata dovrà colmare con le proprie forze. Non è sovranismo, ma consapevolezza che l’Italia deve ricollocarsi nel mondo perseguendo una “sovranità convergente e contributiva”, cioè esportare ricchezza e sicurezza invece di importarla, da cui derivare una nuova competitività e reputazione.
Come? Attivando tre nuovi strumenti di capitale. Il risparmio liquido residente in forme passive è di circa 1.400 miliardi. Almeno 600 di questi potrebbero essere attratti da tre fondi statali, ma con status privato e formula di remunerazione. Il Fondo per Operazioni Speciali Interne (Fosi) ha la missione di interventi di ristrutturazione per riportare in bonis aziende stressate. La dotazione richiesta per la funzione anticrisi e rilancio è almeno di 250 miliardi. Il Fondo Sovrano Italiano (Fsi) ha la missione di finanziare gli accordi di cooperazione industriale “G to G”, cioè tra governi, fornendo alle aziende la liquidità per partecipazioni rilevanti a programmi ad elevata sensibilità: spaziali, militari, in generale supertecnologici. Inoltre ha la missione correlata di investimento in innovazione. La dotazione dovrebbe essere di almeno 300 miliardi. Con altri 50 miliardi di liquidità bisognerebbe caricare il Fondo Italiano di Bilanciamento (Fib). Questo ha la missione di comprare parti del patrimonio statale (nazionale e locale) disponibile pagandole con obbligazioni il cui sottostante è il rendimento del patrimonio stesso valorizzato, fatto da immobili, partecipazioni e concessioni. Tale operazione potrebbe ridurre il debito pubblico di circa 500 miliardi in cinque anni, riducendone il costo di servizio tra i 15 e 20 miliardi anno anche per il miglioramento del rating. Ma per accendere il meccanismo di valorizzazione servono, appunto, 50 miliardi di liquidità. L’ipotesi è che il risparmio retail possa trovare attraente tale formula, che questa possa essere calibrata per evitare impatti concorrenziali negativi sulle aziende bancarie, sui fondi di private equity e private debt nonché sulle gestioni dei fondi aperti. Merita approfondimenti rapidi?