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Carlo Pelanda: 2020-4-12La Verità

2020-4-12

12/4/2020

L’opportunità americana richiede un’Italia più consistente

Venerdì 10 aprile Donald Trump ha firmato una direttiva presidenziale che accende nuove ipotesi di strategia per l’Italia. La direttiva: “…la Repubblica italiana, uno dei nostri alleati più stretti e consolidati, è devastata dalla pandemia…. e minaccia di spingere l’economia italiana in una profonda recessione. Il governo italiano ha richiesto l’assistenza degli Stati Uniti. Sebbene la responsabilità prioritaria ….sia verso la popolazione americana, dare aiuto all’Italia servirà a combattere il contagio e a mitigare l’impatto della crisi, … a dimostrare la leadership degli Stati Uniti contro le campagne di disinformazione sia cinesi sia russe”. Nel seguito questo provvedimento definisce le misure che potranno essere adottate da una decina di agenzie governative. Ma l’introduzione politica segnala il fatto più importante: l’America non lascerà l’Italia in difficoltà nelle mani di Cina e Russia e, tra le righe, di Francia e Germania. Non si tratta di un normale atto formale che solo risponde alla richiesta di aiuti medici, ma di una presa di posizione geopolitica che pone al pensiero strategico italiano sia opportunità sia problemi.

L’opportunità è che l’America si è resa conto che per tenere l’Italia nella propria sfera di influenza dovrà aiutarla. Il problema è che l’America tratta bene solo chi rispetta e/o è forte. Pertanto, Roma deve trovare un modo per generare una relazione “dal forte al forte” e non “dal debole al forte”. Quali opzioni? Prima chiediamoci cosa veramente ci serva. Ci servono, oltre alla liquidità d’emergenza, investimenti privati esteri e accessi facilitati per il nostro export globale sostenuti da una moltiplicazione di forza geopolitica. Ciò implica costruire una relazione bilaterale con l’America che però non comporti una reazione punitiva da parte di Francia e Germania e consenta, in modi concordati, una relazione con la Cina che, da un lato, deve tornare sotto il livello politico, ma, dall’altro, senza impedire scambi commerciali e turistici. E, soprattutto, bisogna evitare che l’Italia diventi terreno di conquista conflittuale tra imperi con la conseguenza di una libanizzazione della politica italiana al servizio di potenze straniere. Ci sono tre imperi maggiori nel mondo: Usa, Cina e Vaticano; e due minori: la pur conflittuale diarchia franco-tedesca e la Russia. Tutti hanno ambizioni di influenza sull’Italia.  Non facile evitarla. Ma non impossibile.

Strategia. La priorità sia interna sia geopolitica è dipendere il meno possibile da aiuti esterni per le risorse d’emergenza e cercare di fare meno debito per ottenere rispetto e per non cadere nella dipendenza esterna eccessiva. Ciò è possibile incentivando il risparmio italiano, tra i maggiori del pianeta, non tanto a comprare debito, ma a confluire in un “Fondo sovrano” con la missione di investimento sull’economia reale nazionale. Ci sono 1.400 miliardi di liquidità privata congelati sui conti correnti, almeno 600 di questi potrebbero affluire a tale fondo con remunerazione (non concorrenziale però verso i titoli di debito) e senza de-capitalizzare le banche. Per inciso, meglio impiegare così il risparmio piuttosto che metterlo a rischio di patrimoniali imposte dall’Ue. Tale cifra sarebbe più che sufficiente. Ed eviterebbe la figura di pidocchi lamentosi fatta chiedendo eurobond. Con 600 miliardi di investimenti interni non a debito e pressando, invece, la Bce (dove vale il voto a maggioranza e la Germania è in minoranza) ad estendere la garanzia, via acquisti, sul debito stesso, riusciremmo sia a capitalizzare la contingenza sia lo sviluppo. L’America, oltre che per rafforzamento geopolitico, ci serve per integrare con investimenti di fondi privati indirizzati politicamente quelli nazionali, ma in una relazione bilanciata di co-interessenza. Poi a noi serve esportare nel mercato europeo tanto quanto in quello americano, il secondo più importante, ma il primo irrinunciabile. Pertanto non possiamo diventare strumenti di disgregazione del mercato europeo. Ma possiamo diventare attori che spingono l’Ue a siglare un trattato di mercato integrato con l’America. Ciò sarebbe salvifico per l’Italia, ma anche per tanti altri europei. In un mercato integrato non vi possono essere oscillazioni estreme del cambio, la Bce non ha poteri completi anticrisi, e pertanto la Banca centrale statunitense (Fed), che invece li ha, diventerebbe di fatto il garante di ultima istanza dell’euro, salvandolo. Ma anche un euro ancillare salverebbe il dollaro preservando il suo status di moneta di riferimento mondiale. Il vantaggio sarebbe reciproco e ciò apre sia la fattibilità sia la soluzione “esterna” al problema dell’incompletezza dell’Eurozona. In conclusione, l’Italia è sufficientemente ricca per gestire con risorse proprie (più l’ombrello Bce) la crisi ed il rilancio e ha un rilievo capace di portare l’Ue verso un’aggregazione euroamericana, a cui Berlino non sarebbe contraria, che consolidi lo sviluppo proprio e di tutta la regione euroatlantica. La relazione italoamericana andrebbe consolidata via trattato bilaterale di difesa comune rafforzata entro cui inserire quella epidemiologica come estensione della sicurezza contro attacchi biochimici. Certamente l’Italia ha il miglior vantaggio nello scegliere l’impero americano, anche per la postura opprimente dei geovicini Germania e Francia, ma perseguendo una relazione dal “forte al forte”. Tale riflessione non è ovviamente per questo governo – anche se ritengo che il ministro della Difesa Lorenzo Guerini possa valutarne una parte - ma per quelli che si preparano a sostituirlo.

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