Due settimane fa gli analisti di mercato si chiedevano se la caduta dell’economia globale dovuta alle misure di contenimento del corona virus, che bloccano le attività produttive e i flussi commerciali, e la successiva ripresa avrebbe avuto un andamento a V (caduta forte, ma rimbalzo rapido) oppure ad U (rimbalzo meno rapido) sperando nel primo scenario. Ma i dati più recenti – forniti dall’epidemiologia computazionale e dalle analisi mediche - hanno spostato le probabilità verso il secondo, alzando il rischio di un impatto economico più grave di quanto governi e Banche centrali avessero inizialmente pensato. Scenario epidemiologico di caso peggiore ipotetico in via di precisazione: 30% della popolazione mondiale contagiata; l’80% di questa asintomatica e senza necessità di cure particolari; il 15% bisognosa di cura, ma non di ospedalizzazione; il 5% con tale necessità. Tranquillizzante? Non è la peste. Ma c’è un problema: in tale scenario ipotetico – che serve a capire contro cosa bisogna prepararsi per mitigarne gli effetti - il pur limitato numero della domanda di ospedalizzazione eccederebbe di gran lunga l’offerta, dappertutto. Per tale motivo i governi devono necessariamente limitare la massa di contagio con quarantene e blocchi per renderla gestibile, ma così provocando danni economici massivi e i motivi per uno scenario a U. Per l’Italia lo scenario di caso peggiore rischia di essere a L, cioè depressione per il blocco combinato del mercato esterno e di quello interno a partire da condizioni già recessive.
Soluzioni. La probabilità del caso migliore non è piccola perché la ricerca di un vaccino o vaccini in caso di varianti di questo ceppo influenzale è in accelerazione. Inoltre, la gran massa della popolazione non ne risentirà e ad un certo punto ciò indurrà una psicologia ottimistica che fa ipotizzare la possibilità di una soluzione “passiva” via rimbalzo economico naturale. Ma ci vuole qualche mese e in questo tempo il danno economico potrebbe essere catastrofico per alcune nazioni, tra cui l’Italia, se non venissero attivate soluzioni “attive” fortissime. Il governo ha promesso di vararle in settimana. La speranza è che capisca la priorità di fornire cassa alle imprese danneggiate creando un fondo di garanzia statale, almeno fino a 15 - 20 miliardi, del credito alle aziende, con rientro rateizzato lungo, più ampio se serve. Questo è un minimo necessario per salvare imprese, banche e lavoro nei prossimi sei mesi.