Le due principali economie a traino manifatturiero/esportativo dell’Eurozona, Germania e Italia, mostrano lievi segni di miglioramento, ma piccolo. Pertanto al sistema economico europeo mancherà un sufficiente tiraggio dalla terza (Germania) e settima (Italia) potenze mondiali dell’export. Più investimenti pubblici sia nazionali sia dell’Ue potrebbero costituire un traino alternativo, come spesso invocato dalla Bce che non potrà tenere a lungo il sostegno all’economia via destabilizzanti inondazioni di liquidità. Ma il megaprogetto di investimenti della Commissione è ancora vago e incerto. La Francia spenderà più soldi, ma a debito e allocandoli per spesa assistenziale con la priorità di sedare le ribellioni in atto e non per investimenti. La Spagna guidata da un nuovo governo condizionato dall’estrema sinistra farà lo stesso. Il governo italiano - il cui bilancio è distorto dal peso dell’enorme debito - ha pochi soldi per investimenti e quei pochi li sta dirottando verso coperture di crisi o sprechi utili solo al consenso elettorale. La Germania ha spazio di bilancio per spesa in deficit, ma è restia ad usarlo per la prevalenza del rigore. Investirà qualcosa nell’economia verde, ma non in quantità da “locomotiva”. Restano gli investimenti privati, ma questi sono frenati da molteplici fonti di incertezza. In sintesi, l’Eurozona che sia non investe sia non trova consenso per riforme di efficienza nelle singole nazioni nonché finanzia per lo più a debito, crescente, le garanzie e mantiene regole ordinative depressive ha, al momento, un destino di stagnazione non bilanciato dalle pur migliori prestazioni del resto dell’Ue. C’è un modo per sbloccare tale situazione di debolezza che comporta incertezza sia sul futuro dell’euro sia sulla tenuta dell’Ue? Nella rigidità del sistema solo la ripresa dell’export sembra quello realistico. Ma nel conflitto tra America e Cina che, pur parzialmente limitato, resterà duraturo le esportazioni europee non potranno sperare di poter accedere ad ambedue i mercati e dintorni grazie ad una postura di neutralità dell’Ue. La soluzione è accelerare il trattato euroamericano di libero scambio irrobustito da un’alleanza politica non ambigua e dal rafforzamento della Nato. Ciò ridurrebbe le relazioni con la Cina ed altri regimi autoritari, ma aumenterebbe molto di più e stabilmente l’export europeo nel mondo delle democrazie, con premio all’Italia. Il punto: se l’Ue vuole la crescita non potrà restare neutrale.