Forse sono solo voci infondate quelle che indicano la volontà dei governi francese ed italiano, in occasione del prossimo vertice bilaterale di Napoli, di riprendere lo studio di un “Trattato del Quirinale” avviato dal governo guidato da Paolo Gentiloni, su pressione di Emmanuel Macron, poi interrotto dal nuovo esecutivo emerso dalle elezioni del marzo 2018. Tuttavia è un’occasione per chiedere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al personale tecnico della diplomazia italiana di riflettere sul fatto che, indipendentemente dalle relazioni con la Francia, accordi selettivi bilaterali o di gruppo entro l’Ue creano asimmetrie (geo)politiche che la distruggono. La mia speranza è che le istituzioni citate non solo rifiutino, istruendo un governo che appare spaesato, l’eventuale ripresa della proposta francese, ma anche comincino ad impostare, con il dovuto realismo, un modello di Ue non condizionato dalla relazione privilegiata franco-tedesca – formalizzata nel Trattato dell’Eliseo del 1963 e rinnovata da quello recente di Aachen (Aquisgrana) – che è tra i motivi principali della disgregazione europea in atto. Il punto: o l’Ue diventa un luogo di relazioni simmetriche tra le nazioni oppure non ha destino. L’interesse nazionale italiano è che l’Ue e l’euro, invece lo abbiano perché sono moltiplicatori della nostra piccola forza nazionale. L’interesse italiano composto con quello delle altre democrazie è rendere l’Ue un motore per la creazione, in prospettiva, di un’alleanza globale tra democrazie stesse che sostenga un mercato integrato tra loro con lo scopo di rafforzare ciascuna in tal modo perché i dati mostrano che in tutte, chi più chi meno, il progetto del “capitalismo di massa”, base concreta di quello democratico, è in crisi. Pertanto il punto è includere la configurazione dell’Ue in un progetto di salvataggio e rilancio del modello democratico nel pianeta, che mi piace chiamare “Nova Pax” o “Free Community” oppure più concretamente compattazione di un G7 allargato alle nazioni compatibili. In altri termini, l’Italia co-fondatrice della Comunità europea dovrebbe aggiornare il proprio europeismo, proponendo un ruolo primario estroverso e globalmente compositivo dell’Ue da cui derivare una configurazione interna adeguata.
Ma la Francia ha una visione introversa dell’Ue: formare un blocco autonomo chiuso francocentrico, con potere nucleare, che si erga (illusoriamente) come potenza alla pari tra America e Cina, così frammentando il mondo delle democrazie. La Germania ha l’interesse a configurare l’Ue come blocco capace di difendere la propria neutralità per poter vendere in tutto il mondo, ma senza rinunciare alla Nato e litigando il meno possibile con la Cina, cosa infattibile che sta mandando Berlino in confusione. I due divergono sul numero di nazioni da includere nell’Ue: la Germania vuole allargarla (nei Balcani) e con trattati esterni di libero scambio, la Francia no perché ha il disegno di strutturarla come supernazione condizionata dal potere militare-nucleare francese e di tenerla più ristretta nonché protezionsta. I due litigano in parecchi progetti industriali, per inciso accordandosi solo sull’escludere l’Italia. Ma limitano i loro litigi per l’interesse a mantenere il dominio congiunto sugli altri europei. Al netto del referendum del 2016, la Brexit era già nell’aria quando Londra ha visto che non riusciva a bilanciare il dominio franco-tedesco dall’interno. Le nazioni nordiche si sono aggregate in una nuova Lega anseatica. Quelle orientali hanno formato il gruppo di Visegrad. Ecc. In questa disgregazione si infila un’azione amplificante da parte di Stati Uniti e Russia. Appare ovvio far notare che per ricompattare gli europei questi dovranno percepire che l’Ue è un luogo comodo e simmetrico. Non sarà facile trovare il come, ma certamente il potere differenziale franco-tedesco lo impedisce. Se a questo, poi, si unisce l’Italia, per altro in posizione subordinata, ciò sarà percepito come motivo in più per le nazioni più piccole di formare aggregazioni difensive che frammenteranno l’Ue.
La Comunità europea prima del 1992, quando divenne Unione, era un luogo dove l’integrazione economica e la convergenza politica erano costruite passo dopo passo in modi consensuali. Inoltre, il dominio franco-tedesco era attutito da una consapevolezza inclusiva che rassicurava le altre nazioni. La creazione dell’Unione (1992) con progetto verticale e dell’euro (1999) con formula depressiva hanno reso più gerarchica e oppressiva l’Ue. Il tentativo di fingere una Ue più democratica aumentando i poteri del Parlamento europeo è stato recentemente e formalmente bloccato dalla posizione del Consiglio (tavolo intergovernativo): comandano i governi, e tra questi Francia e Germania più di altri. Se continua la trasformazione dell’Ue in impero franco-tedesco alla fine si disgregherà. Se l’Italia cede alla tentazione di porsi come terzo minore nella diarchia franco-tedesca, che alcuni consigliano per evitare che la Spagna sostituisca l’Italia stessa, oltre a perdere peso sarà complice della fine dell’esperimento europeo. Se, invece, inizierà a porre il problema in modi espliciti, mostrando agli altri europei più piccoli che è difensore di un’Ue simmetrica, allora l’esperimento potrà continuare, ovviamente trovando uno spazio di comodità anche per francesi e tedeschi. Questo è il motivo della riflessione che raccomando alle residue istituzioni pensanti italiane. E spero che qualcuno riprenda l’idea di Ue estroversa, o progetto Nova Pax, perché ciò non solo darebbe un nuovo significato strategico e morale all’Ue, sempre meno visibile, ma anche avrebbe come primo passo una convergenza euroamericana ed euro-dollaro che rafforzerebbe ambedue.