L’America si è re-ingaggiata nel presidio del Medio oriente e del Golfo, irrobustendolo con la richiesta di un rischieramento della Nato verso l’area. L’enfasi di Trump sulla Nato è la novità più importante perché svela l’intenzione statunitense di avvalersi dell’alleanza con gli europei e di mantenere inclusa la Turchia in funzione anti-iraniana per il controllo dell’Iraq, dandole motivo per calmare la sua aggressività su altri fronti e per limitare l’influenza russa e cinese nella regione. In sintesi, nel Mediterraneo e suoi retroterra profondi è tornato un guardiano. Potranno gli attori di mercato scommettere su una futura stabilizzazione della regione?
Pur comunicando all’Iran che l’obiettivo non è quello di un cambio di regime, ma solo dei suoi comportamenti – cioè l’abbandono del programma nucleare, del tentativo di creare la “Mezzaluna sciita”, cioè il collegamento territoriale continuo tra Teheran e Libano-Hezbollah, nonché della pressione su Israele - in realtà Washington sta trasferendo il conflitto/instabilità da fuori l’Iran stesso al suo interno. Se, infatti, il regime accetta le condizioni statunitensi in cambio della rimozione delle sanzioni economiche troverà l’opposizione delle potenti milizie la cui ragione di esistere è l’esportazione della rivoluzione khomeinista, variante apocalittica. E queste controllano l’economia e sono dotate di proprie forze armate. Ciò alza la probabilità o di guerra civile o di ribellione al diktat statunitense via confronti esterni. La prima è localmente destabilizzante, ma non globalmente. La seconda può essere pericolosa solo se Russia e Cina decidessero di usare un Iran eccitato come proxy contro l’America, fornendo mezzi militari adeguati che ora non ha. E’ improbabile, ma Trump potrà completare la compressione dell’Iran solo attivando una collaborazione/dissuasione con queste due potenze, cosa che per altro ha iniziato a comunicare. Ma sull’esito c’è incertezza. La compressione dell’Iran in combinazione con una riconvergenza della Turchia verso l’America blocca tutta la strategia neozarista di Putin ed è difficile che questi non reagisca. Ma potrebbe anche concordare con Trump una soddisfacente sfera di influenza non convergente, ma nemmeno ostile, scenario che certamente Washington persegue per staccarlo dalla Cina. In conclusione, sul piano di quel tipo di conflitti che può destabilizzare il mercato finanziario il rischio è medio-basso. L’Italia? Ha la chance di scambiare un contributo maggiore alla Nato, cioè una più chiara convergenza con l’America, con vantaggi sia entro l’Ue sia nel caso libico.