L’inclusione iniziale dell’ambiente nel ciclo del capitale dopo decenni di divergenza è un passo di progresso. Ma per farne un secondo serve la specificazione dei criteri di sostenibilità. Questi furono generati decenni fa da una politica danese che li lasciò intenzionalmente generici per facilitare compromessi tra sviluppo e ambiente. Ora sia l’evidenza del cambiamento climatico con rischi di impatto catastrofico sia l’ingaggio di più ecodenaro richiedono una specificazione della sostenibilità: cosa esattamente bisogna tutelare e come?
Quando chi scrive insegnava alla University of Georgia – luogo dove è nata l’ecologia moderna e che imponeva di inserire la “environmental literacy” in ogni disciplina – dovette confrontarsi con i fautori della teoria del “costo pieno” in economia, cioè dell’inclusione dei danni ecosistemici nei calcoli dei cicli antropici. Tale approccio creava un paradosso: bisognava fermare lo sviluppo e la crescita demografica perché la sola attività antropica in espansione era un ecodistruttore. Non falso, ma lo scrivente contrappose una visione di ecologia artificiale: bisognava modificare l’ambiente, artificializzandolo, per renderlo capace di sostenere l’espansione umana. Tale soluzione divise chi sosteneva la maggiore rilevanza della natura e chi degli umani, svelando il problema ideologico di fondo. Che persiste e va chiarito, cosa che il concetto di sostenibilità non ha voluto e pare non voglia fare, per definire dove vadano indirizzati i nuovi ecostandard e gli investimenti. Per esempio, bisogna salvare quello specifico bosco o la possibilità che su quel terreno un bosco possa crescere? La seconda opzione è ecopragmatica e chiara, la prima è ecoidealista (forse neopagana) con rischio di infattibilità. La precisazione qui proposta è ecointerventista: trasformazione dei cicli naturali affinché possano sopravvivere all’espansione antropica e quindi sostenerla. Tale scelta chiarisce dove indirizzare gli investimenti. Al riguardo del cambiamento climatico è l’ambiente umano che deve essere modificato per adattarlo a variazioni estreme. Ciò richiederà molta più energia, riaprendo la ricerca del nucleare (fusione) sicuro, molta più acqua dolce (megadissalatori), ecc. Al riguardo della qualità dell’aria e della riduzione dell’effetto serra bisognerà, in parallelo, cercare megatecnologie di decarbonizzazione e filtrazione. Questo cenno è un richiamo alla specificazione urgente della sostenibilità per evitare di allocare male soldi e rischiare ecocatastrofi nonché un’introduzione all’ecoscenario futuro: terraformazione