Chi fa scenari economici sta aspettando dal settore medico – in particolare dall’epidemiologia statistica – i dati proiettivi relativi al nuovo corona virus per poi far girare le simulazioni di outlook. Da qualche giorno è iniziata una precisazione del “caso peggiore” ipotetico contro cui prepararsi. La calibratura della preparazione in vista di un caso peggiore serve a definire la vulnerabilità secondo un calcolo che è diverso da quello della stima del rischio (probabilità di un evento ponderato per il danno atteso) in quanto individua la configurazione del sistema che impedisce ad un pericolo di eccedere le capacità di contenerlo/eliminarlo. Questo è il metodo giusto e con il più alto potenziale di rassicurazione, cioè di produzione della fiducia in situazione di incertezza: c’è una crisi potenziale, ma sarà governabile. Ovviamente la produzione della fiducia stimando il caso peggiore e definendo i mezzi per gestirlo dipende dalla credibilità della fonte comunicativa. Allo scopo di rinforzarla, per esempio, Trump è apparso in conferenza stampa con a fianco testimoni legittimanti ed ha nominato un commissario speciale per la gestione dell’emergenza nella persona del vicepresidente Pence, con lo stile di non nascondere il problema, ma allo stesso tempo far recitare ai tecnici i rimedi e sottolineare la disponibilità illimitata di fondi. Sembra un buon esempio per le altre nazioni.
Lo scenario preliminare di caso peggiore stima che il 30% della popolazione mondiale possa essere contagiata. Ma per l’80% di questa non ci saranno problemi particolari mentre il 15% potrebbe dover ricorrere a terapie speciali e il 5% a ospedalizzazioni. In questa prima stima, però, emerge un gap sul piano delle strutture mediche ricettive. Ciò giustifica sia la preparazione per aumentarle velocemente nel caso peggiore sia il tentativo di evitarlo attraverso quarantene e blocchi dei flussi. Le misure restrittive producono costi, ma se la durata è breve e la fiducia sostenuta (dimostrando di essere preparati) poi la ripresa li riassorbirà rapidamente. Con un problema, però: il virus potrebbe restare latente e riesplodere. Il tempo stimato per avere un vaccino è tra i 6 e gli 8 mesi, quasi un anno per la sperimentazione. Ciò comporta uno scenario economico a “U”, mentre il mercato spera in uno a “V”, dove la ripresa potrebbe avere un ritardo. Inoltre, una volta scoperto il vaccino c’è il problema di produrlo a massa e somministrarlo in tempi rapidi a tutti. Va precisata questa parte dello scenario per tentare proiezioni (e individuare contromisure) economiche più robuste.