Un mese fa Etiopia, Egitto e Sudan hanno chiesto agli Stati Uniti una mediazione per risolvere il contenzioso relativo alle quantità d’acqua che la nuova diga (mega, costruita da Salini Impregilo) sul lato etiopico del Nilo azzurro dovrebbe rilasciare a valle. L’Egitto chiede la garanzia di 40 miliardi di metri cubi anno e un riempimento graduale del bacino di almeno 7 anni per evitare scarsità di gettito idrico. L’Etiopia ha un piano, invece, di erogazione tra i 31 e i 35 miliardi di metri cubi in 4-5 anni privilegiando la velocità del riempimento dal 2020-21 per accelerare la fornitura di elettricità alla maggioranza della popolazione (105 milioni) che ora ne è priva. La stampa egiziana minaccia da mesi il bombardamento della diga se la portata del Nilo, in assenza di altre fonti idriche, diventasse troppo scarsa con esiti catastrofici. L’Etiopia insiste sulla priorità dell’interesse nazionale. Il negoziato è previsto si concluda verso metà gennaio. L’autocandidatura della Russia a sostituirsi come mediatore fa intuire problemi. Inoltre, lo scenario climatico dell’area rende ipotizzabile l’alternarsi di lunghi periodi di siccità e brevi di precipitazioni violente. Sovrapponendolo a quello dei numeri in negoziato non sono escludibili periodi di gap idrico o per l’Egitto o per il Sudan. E se vi fosse conflitto nell’area, amplificato dai giochi di potenza di Russia, Cina e Turchia, questo contagerebbe più della guerra in Libia tutta la costa meridionale del Mediterraneo e i suoi retroterra sia arabi sia africani. La stabilità dell’Egitto (98 milioni di abitanti) combinata con quella dell’Etiopia è il fattore chiave. Cosa manca per sostenerla?
Più acqua dolce non dal Nilo per l’Egitto e più energia non idroelettrica per l’Etiopia. Forse la mediazione statunitense lo sta valutando. Ma la quantità di desalinizzatori per l’Egitto per dargli una riserva idrica d’emergenza nonché la massa di impianti energetici necessari all’Etiopia eccedono la scala ed i tempi di programmi normali, anche considerando gli interventi della World Bank. Inoltre, la crisi economica dell’Egitto è profonda e potrebbe indurre il regime ad azioni estreme. Chi scrive ritiene che l’Ue, su iniziativa italiana, dovrebbe studiare un programma straordinario di impianti di desalinizzazione per l’Egitto e di energie rinnovabili per l’Etiopia, considerando che il rientro dall’impegno finanziario può essere sostenuto da bollette, associandosi alla mediazione statunitense per renderla più attiva e concreta. Per le ottime aziende italiane del settore sarebbe un’enorme opportunità espansiva.