L’Ue sta perdendo, oltre che l’importante pezzo britannico, coesione politica interna e stabilità economica e sta diventando per indecisione campo di battaglia nella guerra tra America e Cina. Per la prima volta dalla sua formazione nel 1957 la Comunità europea – denominata Unione nel 1992 - corre un rischio reale di implosione. L’Ue, nonostante la compressione attuata da Francia e Germania, è un moltiplicatore di forza per l’Italia e tale rischio sistemico va considerato una minaccia grave per la nazione. Il più della stampa italiana sta sottovalutando o attutendo per francofilia questo rischio che, invece, in parecchi pensatoi europei e statunitensi è oggetto di studio preoccupato e in quelli russi e cinesi, in base a spifferi, di scenari predatori, amara la confusione osservabile nei blasonati think tank inglesi.
Germania e Francia stanno divergendo sempre di più sotto l’accordo diarchico nominale. La prima persegue il controllo geoeconomico dei Balcani promettendo in cambio della sua influenza inclusioni nell’Ue e Parigi le blocca per costringere Berlino a condividere la strategia. Nei progetti industriali franco-tedeschi i conflitti tra le due componenti sono costanti e crescenti. La Francia vuole una difesa europea francesizzata, con i tedeschi secondi, in proiezione post-Nato mentre la Germania ha interessi mercantilistici che la portano a non sfidare l’America e allo stesso tempo mantenere relazioni privilegiate con la Cina dalla quale dipende sempre di più per il suo export. Ambedue vogliono una Ue come terza forza nel mondo, ma Berlino la intende neutrale mentre Parigi la vede come attore in grado di optare per America o Cina a seconda delle convenienze. L’America è preoccupata e valuta anche l’opzione di rompere l’Ue, prendendo presidio diretto in alcune nazioni dell’Eurasia occidentale, con la probabile collaborazione britannica se Parigi continuerà a complicare la re-inclusione di Londra nel mercato europeo.
Germania ed Italia sono in tendenza recessiva che potrebbe diventare strutturale se il calo dell’export fosse duraturo. Francia, Italia e Spagna stanno aumentando il debito per finanziare in deficit un modello economico inefficiente. Anche il modello tedesco lo è, ma ha ancora sufficiente surplus da export per finanziarlo in equilibrio di bilancio. Per gli altri è necessario che la politica monetaria riduca i costi di servizio e rifinanziamento del debito, come la Bce è stata costretta a fare. Ma questa azione ha portato tassi negativi insostenibili nelle nazioni più solide, spaccando l’Ue tra Nord e Sud e destabilizzando la Bce stessa. Tale situazione renderà difficile il consolidamento dell’Eurozona, mettendo a serio rischio la sua continuità. Anche per l’instabilità nella governance dell’Ue segnalata dal rinvio dell’operatività della nuova Commissione, punta di un iceberg che segnala una montagna di conflitti sottostanti.
In sintesi: il comando franco-tedesco europeo mostra divergenze crescenti; i modelli economici delle principali nazioni europee soffrono crisi di inefficienza strutturale; l’euro resta fragile. L’ambiguità di collocazione nelle alleanze e la fine della protezione statunitense incondizionata degli europei occidentali rende l’Ue contendibile nei giochi tra America, Cina e Russia. L’Ue non imploderà domani, ma sta aumentando il rischio di dissoluzione.
Cosa deve fare Roma? La miglior opzione per l’Ue intera è siglare un accordo economico con l’America negoziando in cambio di una convergenza nella guerra contro la Cina uno spazio di relazioni economiche concordate, per il suo export, e strategicamente innocue con la Cina stessa e, soprattutto, con la Russia. Tale accordo economico euroamericano, includendo Londra, se forte, implica la convergenza tra euro e dollaro, salvando il primo e aiutando il secondo a mantenere la sua centralità globale, nonché la formazione di un mega-prestatore di ultima istanza di fatto che il mercato percepirà come garanzia per i debiti nazionali dell’area, salvandoci. Gli accordi commerciali tra Ue, Giappone, Canada, ecc. verrebbero rinforzati e integrati in quelli che l’America ha fatto con le stesse nazioni. Se la Russia, che teme la Cina, vede Ue e America ricompattarsi avrà un motivo in più per convergere con gli euroamericani e stilare con loro un contratto dove a Mosca è riconosciuta una sfera di influenza, ma concordata, e l’avvio di crescenti relazioni economiche di cui ha estremo bisogno. Tale scenario per Roma è il più vantaggioso e dovrebbe proporlo a Parigi e Berlino, considerando che sarebbe salvezza anche per loro. I due tendono ad escludere l’Italia, ma c’è la novità che Parigi e Berlino non sono più così forti da poterlo fare. Il piano B è agganciare l’Italia al dollaro e ad un asse anglo-americano. Ma la debolezza franco-tedesca rinforza la possibilità che l’Italia possa influire sull’attivazione del piano A, qui abbozzato, che è certamente il migliore per l’interesse nazionale. Quindi la raccomandazione, in particolare al centrodestra con destino di prossimo governo, è di prendere una posizione attiva di consolidamento dell’Ue attraverso la convergenza euroamericana, correlando tale postura con la costruzione della credibilità per esercitarla, cioè più ordine economico e politico interno.