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Carlo Pelanda: 2019-9-27Milano Finanza e Italia Oggi

2019-9-27

27/9/2019

L’accordo Usa-Giappone mostra la via per quello euroamericano

L’accordo doganale selettivo siglato tra Stati Uniti e Giappone mercoledì scorso segnala una ricalibratura della formula di riequilibrio commerciale dei primi che potrebbe essere adottata anche nei prossimi negoziati con l’Ue, in agenda da novembre in poi: Tokyo ha tolto o ridotto i dazi su un paniere di prodotti agroalimentari statunitensi, valutato tra gli 8 e 10 miliardi di dollari, nonché aperto il suo mercato interno al settore dei servizi. La trattativa che riguarda i dazi americani sull’export di auto nipponiche è stata rinviata alla primavera del 2020, ma senza più la minaccia di applicare la clausola limitativa della sicurezza nazionale grazie all’apertura preliminare del Giappone.

Il nuovo modello sembra essere: prima ti arrendi e ti apri al mio export - e non sostituisci l’eliminazione dei dazi con barriere non tariffarie - e solo dopo tratteremo le condizioni del tuo accesso al mio mercato interno per le masse più grosse del tuo export, ma senza minacce aperte (che rendono incerti e volatili i mercati) pur tenendo latente quella di dichiarare un bene non conforme al requisito della sicurezza nazionale. Tale metodo potrebbe essere usato anche nei confronti dell’Ue e vanno valutati i problemi di accettazione unanime da parte degli europei. Il principale sarà quello dell’impatto di più importazioni agricole statunitensi in un sistema europeo iperprotezionista e con biostandard diversi: saranno necessarie limitazioni e compensazioni per evitare rivolte di massa nonché bilanciamenti in altri settori. Quali? In quelli tecnologici e dei servizi finanziari le produzioni statunitensi sono in parecchi casi più competitive di quelle europee e ci potrebbero essere reazioni. In sintesi, lo scenario non è liscio. Inoltre, la Germania potrebbe essere più incline a resa e cedimenti per salvare l’export dell’auto e la Francia meno. Pertanto appare razionale raccomandare alla Commissione di avviare in anticipo lo studio di un pacchetto di convergenze (geo)politiche come mezzo di scambio per il mantenimento di alcune protezioni settoriali. Tale tendenza è già in atto, per esempio in relazione ai casi cinese e iraniano, ma va strutturata per fini di negoziato e calibrata anche per dare un contentino simbolico a Trump per i suoi scopi elettorali. Ciò potrebbe essere un problema per i portatori dell’orgoglio e sovranismo europeo, ma questi dovrebbero considerare che la probabilità di un boom dell’economia europea a seguito di una piena pacificazione e riconvergenza euro-americana è talmente elevata da rendere razionale tale posizione.                        

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