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Carlo Pelanda: 2019-6-16La Verità

2019-6-16

16/6/2019

La progettualità di Savona vs la passività degli euroconformisti

Il Prof. Paolo Savona non ha bisogno di difese contro le distorsioni fatte dai cosiddetti “giornaloni” che lo hanno descritto come promotore di un debito crescente e di una posizione eurodivergente: basta leggere il testo del suo discorso come presidente Consob e collegarlo alla lettera che inviò ai governi europei, nel ruolo di ministro, nell’autunno del 2018. E’ l’Italia, invece, che ha bisogno di comprendere meglio i temi portati all’attenzione del dibattito pubblico da parte di Savona per trovare una soluzione ai problemi che un establishment euroconformista ha voluto e continua a nascondere sotto il tappeto.

Un’area monetaria è fragile se non c’è un garante di ultima istanza. Nell’Eurozona tale garante non c’è, pur avendo la Bce fatto un mezzo passo nel 2012 in questa direzione. Il risultato è paradossale: debiti denominati nella stessa moneta hanno voti di rischiosità differenti. Poiché l’Italia ha un debito enorme perché rapportato ad una crescita stagnante da decenni, il costo del debito stesso ha effetti depressivi. Pertanto l’Italia ha bisogno di una garanzia europea che azzeri il differenziale di rischio tra eurodebiti, e quindi il costo degli interessi, liberando risorse per attivare stimoli fiscali e investimenti capaci di incrementare la crescita del Pil e la produttività delle attività economiche. Sarebbe eurodivergente per l’Italia proporre con forza tale soluzione? Si pensi che l’Italia ha mantenuto la sovranità sul proprio debito, ma la ha ceduta sui mezzi per ripagarlo (politica monetaria, di bilancio e del cambio) senza ricevere in cambio una flessibilità compensativa. Si consideri, poi, che l’Italia ha aderito all’euro prima che potesse farlo senza problemi a causa, appunto, del troppo debito in relazione alla poca crescita. Sarebbe stato meglio rinviare di un decennio tale adesione, impegnandosi a farla, per rimettere in ordine la nazione utilizzando mezzi sovrani per riuscirci. Ma la politica del tempo (1996-99) preferì, illusoriamente, esserci da subito per non restare ai margini e credette che la partecipazione all’euro potesse mantenere basso e sostenibile il costo del debito, non valutando i tecnici di allora né la vulnerabilità del sistema a shock asimmetrici né le differenziazioni indotte dall’assenza di una politica economica unica, con scopi di bilanciamento delle sovranità economiche cedute dalle nazioni, nell’area monetaria. Per inciso, invito a leggere il libro scritto recentemente da Savona con Paolo Panerai su quando a Guido Carli tremò la mano nel firmare le clausole di ordine economico – irraggiungibili dall’Italia senza profondi cambiamenti - contenute nel Trattato di Maastricht (1992). Tre peccati originali, due italiani e uno europeo, mettono in grave difficoltà l’Italia: a) adesione prematura all’euro; b) incapacità di riformare il modello economico e di ridurre l’indebitamento, c) una moneta unica costruita senza meccanismi di bilanciamento nell’area e condivisione delle garanzie, imposta come condizione dalla Germania per abbandonare il marco, pertanto resa fragile e impoverente da questa architettura. Savona propone di mettere in priorità investimenti che aumentino la crescita interna e, in parallelo, un sistema di garanzie europeo (safe asset) che permetta una riduzione del costo del debito per ogni nazione e, soprattutto, delle differenziazioni del costo stesso (spread). E’ questa un’eurodivergenza? Appare piuttosto un richiamo di sostanziale consapevolezza tecnica per riparare un’architettura fragile perché incompleta dell’euro, utile a tutti i partecipanti.

E’ forse eurodivergenza proporre di cambiare le regole e prassi che prescrivono di usare l’avanzo primario di bilancio per ripagare il debito, togliendo risorse agli stimoli per la crescita che, se impiegate per investimenti e detassazione, migliorerebbero più rapidamente e sostanzialmente il rapporto debito/Pil? Nel caso dell’Italia certamente no perché la quantità di risparmio e lo status di potenza industriale rendono probabile che con più “ossigeno” l’economia voli, crescendo più del debito e quindi potendo usare il debito stesso (entro limiti) per sostenere la crescita. Il giusto commento a tale verità economica non è “l’Europa lo vieta e quindi non si può fare”, ma sarebbe “come convincere l’Ue ad aggiornare e completare la propria architettura affinché divenga più comoda, e solida, per tutte le nazioni partecipanti”. Grazie al Prof. Savona per aver posto con coraggio e competenza scientifica possibili soluzioni che ora tocca alla politica adattare alla fattibilità, ma anche stimolano la comunità di ricerca a rifinirle. Per esempio, io ritengo essenziale un’operazione sovrana “patrimonio pubblico contro debito”, per ridurlo almeno di 200 miliardi secchi, allo scopo sia di rafforzare la proposta di un sistema di garanzia condivisa europea per i debiti nazionali agli occhi degli italoscettici sia di dare una prima boccata d’ossigeno ad un’economia stagnante. Di questo dovremmo parlare sui media, con ottimismo progettuale, e non di euroconformismo come ascari impauriti: la gente chiede di poter provare fiducia, non limitazioni pessimiste e sottomissione.

(c) 2019 Carlo Pelanda
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