Quirinale e governo stanno cercando di rielaborare la relazione tra Italia e Cina finora abbozzata con tale ambigua leggerezza da compromettere le relazioni di Roma con l’America, l’Ue, la Cina stessa e perfino la Russia. La riparazione con l’America è una priorità. Questa sta settorializzando la guerra con la Cina per evitare l’implosione del mercato globale, vi potrebbe essere una “cooperazione intrabellica” in termini di spartizione delle aree di influenza, ma è vera guerra proprio per definire questi geoconfini. In attesa dell’eventuale nuova Yalta, sia Washington sia Pechino sono ipersensibili alle alleanze per lo scopo di rendere la propria più grande dell’altra. Roma non ha ben valutato che in tale contesto un accordo pur solo di intenti ha un nuovo significato di collocazione in uno dei due schieramenti. Lo sta capendo, anche perché la possibile ritorsione statunitense potrebbe passare per un atteggiamento meno clemente delle agenzie di rating con conseguente caduta di questo governo e sua sostituzione con uno più allineato. Ma cosa fare? Controllare meglio il vasto partito filocinese insediato da tempo in Italia e nel governo non è troppo difficile. Più complicato sarà contenere la pressione del Vaticano che persegue convergenze con la Cina e di neutralismo, per esempio in Venezuela. C’è un punto, però, di forte ri-convergenza con l’America. La strategia cinese è dominare la rotta marittima verso il Mediterraneo, dando un motivo per proteggerla sul piano militare e via questo estendere l’influenza nell’area e in Africa. Pechino ha già preso il controllo di Gibuti, che la Francia sta cercando di ridurre anche per mostrare all’America di essere l’unico alleato europeo affidabile, e sta proiettandosi su Suez. La Russia contrasterà il tentativo cinese e per questo Pechino ha bisogno dell’Italia per una co-penetrazione incentivante in Egitto. Togliere, o sfumare, questo elemento nell’accordo italo-cinese, oltre che la fornitura di moduli per la stazione spaziale cinese, rilasserebbe l’America, con sollievo anche di Mosca, Parigi e Ue. Ma la Cina resterebbe delusa. Come preservare il business italiano? Francia e Germania ne fanno tanto, ma in modi più furbi, tenendolo sotto il livello geopolitico. Roma dovrebbe imparare a fare lo stesso e confermare che l’Italia è saldamente entro l’alleanza tra democrazie e che le sue relazioni con la Cina rispettano tale confine. Se si traccia un confine netto, allora è possibile aprire transiti selettivi e stabili. Se, invece, il confine è ambiguo, i flussi saranno sempre incerti.