Dalla fine degli anni ’80 il Quirinale è stato costretto/incentivato ad assumere funzioni politiche a causa del crescente disordine nel sistema partitico, descrivibile o come eccesso di conflittualità o inserimento di troppi inesperti in ruoli di governo. L’eccesso di conflittualità, semplificando, è stato causato dalla fine del periodo in cui i contenziosi tra partiti potevano essere risolti aumentando il debito pubblico e con questo soddisfare i contendenti. L’entrata del dilettantismo in politica, nonché la fine del processo di selezione delle élite via cooptazione e carriere formative, è il risultato dell’irruzione dei nuovi media nel processo elettorale in corrispondenza di una decrescente capacità delle élite stesse e di un modello di welfare inefficace di rispondere alla domanda di accesso di massa alla ricchezza. Tutte le democrazie sono in questa situazione, ma in Italia è peggiorata, appunto, dalla difficoltà di inserire competenze e/o convergenze nelle funzioni di governo in combinazione con la perdita di rilevanza internazionale nel mondo post Guerra fredda e da un eccesso di debito che è inabilitante sul piano geopolitico. Infatti l’Italia si trova debolissima di fronte alla pressione francese per allinearla allo scopo di bilanciare e condizionare il potere tedesco per creare una difesa europea francocentrica post-Nato come strumento per rinforzare l’industria ed il sistema finanziario francesi, in declino. Il punto: o l’Italia converge con la Germania in funzione anti-francese, ma ciò trova limiti, o entra nella sfera strategica anglofona, ma con il rischio di essere ancora più compressa entro l’Eurozona, oppure tenta la via del riconoscimento di “azionista rilevante dell’Ue” per ottenere relazioni bilanciate con Parigi e Berlino. La terza opzione diventerebbe più fattibile con una credibile operazione “patrimonio pubblico contro debito” per ridurlo. Ma per vararla all’interno e usarla all’esterno come moltiplicatore di forza è necessario l’ingaggio del Quirinale come garante di ultima istanza dell’interesse nazionale. Non solo. Nelle contingenze, il Quirinale dovrebbe ingaggiarsi nel dialogo con l’Ue, facendosi carico anche di linguaggi dissuasivi che sono tipici in ogni negoziato. Ciò darebbe peso ad un governo che non lo ha. Inoltre, chi scrive chiede a Sergio Mattarella di riprendere la proposta di Paolo Savona inviata ai governi europei per rendere più equilibrato l’euromodello, e trattarne i punti in un’assemblea dei soci Ue, a Roma, con toni non rivendicativi, ma di co-proprietario rilevante dell’Ue stessa