Per evitare la procedura di infrazione da parte dell’Ue e, soprattutto, per recuperare la fiducia del mercato, il governo, non volendo cambiare saldi e contenuti del progetto di bilancio 2019-21 dovrà cercare di bilanciare l’extradeficit con una riduzione del monte di debito. Il governo ha comunicato l’idea di privatizzazioni per ricavare cassa pari all’1% del Pil, cioè quasi 18 miliardi. Potrebbe questo, oltre all’enfasi sulle clausole di correzione in caso di crescita minore del previsto, calmare le acque? Un progetto tagliadebito basato sulla vendita di immobili in situazione di eccesso di offerta e sul trasferimento cosmetico di partecipazioni statali alla Cdp appare di credibilità insufficiente. Diventerebbe credibile se l’operazione di contingenza fosse inserita in una più ampia e strutturata de-debitazione via valorizzazione, finanziarizzazione e dismissione differita di una parte rilevante del patrimonio pubblico. La politica italiana non la ha mai tentata in grande scala e con tecniche innovative, ma si sta accorgendo che o ingaggia il patrimonio pubblico disponibile per ridurre il debito oppure dovrà tassare quello privato, con esisti depressivi, o accettare costi insostenibili per il sistema finanziario, con esiti autodistruttivi. Prima di tutto serve un “censimento finanziario” flash, mentre ora ne esiste solo uno “burocratico”, del patrimonio pubblico complessivo (immobili, partecipazioni e concessioni) non solo di proprietà statale, ma anche locale, per misurarne il potenziale di valorizzazione. La parte statale è incredibilmente (sotto)valutata 50 miliardi, quella di proprietà degli enti locali non si sa. Chi scrive azzarda la stima di 600-700 miliardi di patrimonio complessivo disponibile, considerando una sua gestione valorizzante. Appunto, ci vuole un censimento con criteri di mercato. Il patrimonio selezionato andrebbe poi compattato, con norma (ri)centralizzante, entro un Fondo italiano di bilanciamento (Fib) multicomparto. Questo pagherebbe con obbligazioni, variabili e “lunghe”, il patrimonio conferitogli dallo Stato. Poi questo le userebbe come “moneta cartolarizzata” - trasformazione di un bene illiquido in titolo liquido - per ripagare i creditori, in parte, così riducendo il debito. Tale carta, ben confezionata, sarebbe appetibile per il mercato globale. L’operazione potrebbe abbattere il debito di almeno 400-500 miliardi entro un decennio, ma ottenendo subito un miglioramento del rating se il progetto diventasse credibile. Per tale scopo sarebbe utile formare un “club del numeratore”, attivista