Questa rubrica di scenari ha già segnalato da tempo che il patrimonio potenziale di idrocarburi nel sottosuolo e fondo marino italiano, oggetto di concessione statale, andrebbe valutato in relazione alla priorità di ridurre il debito pubblico. L’operazione: creazione di un’obbligazione variabile con scadenza a 30 anni avente come sottostante il rendimento delle concessioni con cui ripagare - ci sono varie formule, ovviamente, pensate per investitori istituzionali – il debito. In particolare, i soli accertamento di un “tot” di patrimonio di idrocarburi e l’apertura per le gare di sfruttamento permetterebbe di emettere tali obbligazioni subito in quantità correlata a tutto il “tot”, accelerando così la riduzione del debito prima dello sfruttamento effettivo di questo pezzo di patrimonio da concessione. L’operazione, ad occhio, sarebbe significativa a partire da 200 miliardi di incassi dalle concessioni in 30 anni. Le stime del patrimonio di idrocarburi sono ancora molto incomplete e oscillano tra una cifra ricavabile (da concessione) inferiore a quella significativa detta ed una stratosferica oltre 2.500 miliardi. La seconda è basata su analisi indiziarie che immaginano l’Italia “galleggiare” su una bolla di gas e petrolio. Sarebbe razionale, per prima cosa, fare una stima certa e sottoponibile all’analisi finanziaria dell’entità di tale patrimonio attraverso esplorazioni di tutta l’area italiana, e nelle vicinanze. Ma il governo ha comunicato l’intenzione di bloccarle. O non ha sufficienti competenze per ipotizzare la relazione tra patrimonio minerario ancora non sfruttato e ricerca di strumenti per la de-debitazione, e qui gli viene ricordata, oppure è guidato da visioni distorte sul piano delle priorità nazionali. Appare evidente che uno Stato nazionale che nel 2019 dovrà pagare 76 miliardi di interessi per servire un megadebito, per giunta in un’area monetaria dove non esiste un garante che possa calmierarne i costi di rifinanziamento e dove non c’è una sufficiente sovranità di bilancio per ridurre il debito via più crescita, debba mettere in priorità assoluta la de-debitazione con ogni strumento possibile o creabile. Inoltre, le nuove tecnologie sono talmente evolute da minimizzare o perfino azzerare i rischi ambientali delle estrazioni. Pertanto chi scrive raccomanda al governo di riconsiderare il blocco delle trivellazioni esplorative e al Parlamento di costruire una maggioranza ad hoc per favorirle. Il governo, inoltre, dovrebbe estendere la “zona economica italiana” nel mare per ampliare l’area sottoponibile a concessioni.