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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2018-10-20La Verità

2018-10-20

20/10/2018

Opportunità e rischi per l’Italia nel conflitto tra America e Cina (e Russia)

Giovanni Conte andrà a Mosca tra qualche giorno e sta cercando di limitare l’isolamento dell’Italia nell’Ue. Per ambedue le missioni dovrà valutare una novità nello scenario internazionale che potrebbe diventare un’opportunità o un problema per Roma.

Si sta inasprendo il conflitto tra America e Cina dove lo scopo della prima è soffocare l’espansione della seconda e condizionarla. L’Amministrazione Trump sta intensificando sia la guerra economica – dazi a parte, ha stanziato 60 miliardi di dollari per contenere la penetrazione cinese in Africa – sia la pressione militare: l’uscita dal trattato russo-americano sui missili nucleari a medio raggio serve anche a posizionarli nel Pacifico a ridosso della Cina. La Germania sta perseguendo una neutralità  passiva dell’Ue per mantenere l’accesso ai mercati dei due belligeranti. La Francia, invece spinge per una “sovranità europea” che renda l’Ue un “terzo impero”. Ma l’America farà di tutto per evitare una posizione Ue sia neutralista passiva sia di “terzismo attivo”. Il “di tutto” implica l’impiego di bastone e carota. Dove la carota è un accordo per formare un mercato euroamericano e il bastone è la spaccatura dell’Eurozona e dell’Ue per dominare direttamente l’Eurasia occidentale qualora restasse potenzialmente divergente. Qualsiasi stratega, infatti, direbbe che senza l’Europa l’America non può sperare di limitare-condizionare l’enorme Cina e ricorderebbe che tutti i competitori dell’America stessa, nel dopoguerra, hanno tentato di staccare i due, per esempio Unione sovietica e Al Qaeda, e sempre puntando sulla Francia.

 Recentemente gli strateghi statunitensi sono riusciti a convincere Donald Trump ad armonizzare enfasi sulla reciprocità commerciale con gli alleati e necessità di integrarli nell’alleanza anticinese, rapidamente. Per esempio, il nuovo trattato economico post-Nafta con Messico e Canada contiene una clausola per cui le loro relazioni industriali con la Cina devono ottenere il permesso statunitense. Ora l’Amministrazione Trump ha avviato la procedura per ottenere dal Congresso il permesso di iniziare, fra tre mesi, negoziati bilaterali con Regno Unito, Ue e Giappone. Va annotato che con questo atto Trump riconosce l’Ue come interlocutore bilaterale. L’America pretenderà un accordo che renda il più possibile simmetrici i flussi commerciali tra i due, ora sbilanciati per oltre 150 miliardi annui a favore dell’Ue. Ciò metterà in estrema difficoltà le nazioni europee che sono dense di settori protetti. Quindi, per riuscire a ridurre la pressione americana, l’Ue dovrà tentare di concedere qualcosa, come fatto da Messico e Canada, su altri fronti. Certamente dovrà farlo su quello della limitazione di interessi e aziende cinesi, per altro facilitata dal fatto che ciascuna di queste recentemente ha dovuto accettare un commissario politico del Partito comunista. E probabilmente riceverà pressioni maggiori per ridurre le relazioni con la Russia. In sintesi, non sarà un negoziato facile e potrebbe fallire, anche perché l’America ha come seconda opzione, pur remota, quella del bastone. Il maggior rischio per Roma, infatti, è che l’America usi la debolezza finanziaria italiana per far implodere euro ed Ue, favorire un blocco nordico centrato su Londra ed uno meridionale-balcanico centrato su un’Italia dollarizzata in un’Eurasia occidentale con Germania e Francia depotenziate. Tale spaccatura è anche interesse della Russia per espandere la sua influenza verso il Mediterraneo. Ad alcuni analisti italiani tale scenario non dispiace. Ma dovrebbero vedere meglio la maggior probabilità di svantaggi per l’economia nazionale, non tanto per la dollarizzazione, anzi, ma per l’incertezza sui mercati che si verrebbe a creare. Meglio una convergenza stabilizzante euro-dollaro che non l’implosione del primo. Inoltre, l’interesse oggettivo italiano è non solo evitare la spaccatura dell’Ue, ma, soprattutto, influenzarla per un accordo euroamericano che lasci qualche spazio per relazioni con Russia e Cina. Roma, infatti, condivide l’interesse mercantile tedesco. Roma e Berlino, se convergenti, hanno una qualche possibilità di favorire un aggiustamento tra America e Russia, dove la seconda ha paura della Cina e la prima ha interesse a includerla, pur come impero autonomo, nell’alleanza che, con il Giappone, serve per accerchiare la Cina stessa. Lo scenario è complicato, ma mostra una linea per Roma: deve convergere con la Germania, insieme portare l’Ue all’accordo euroamericano, aggiungendo alla Nato una nuova missione globale coincidente con il G7, però trattando con l’America stessa una mediazione concordata con la Russia e un certo spazio di business con la Cina. Parlare con Vladimir Putin di questo avrebbe senso. Avviare - prendendo quel ruolo di azionista dell’Ue già abbozzato nella lettera di Paolo Savona agli eurogoverni - con la Germania tale convergenza, anche per ridurre l’euroisolamento di Roma, ancor di più.

(c) 2018 Carlo Pelanda
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