Parecchi indizi fanno ipotizzare che Emmanuel Macron abbia intenzionalmente voluto provocare una reazione dura di Donald Trump al progetto francese di un “sovranismo europeo” sostenuto da un sistema di difesa integrato continentale, di fatto post Nato. Per inciso, questa strategia fu elaborata da Charles De Gaulle nel 1963: creare una regione europea integrata a guida francese, con il sostegno di una Germania secondarizzata, per moltiplicare la forza nazionale della Francia ormai troppo piccola per essere un potere globale. Nel precedente summit franco-statunitense, a Washington, Macron ricevette un segnale chiaro, pur espresso in modi amichevoli, da Trump che era meglio rinunciasse a tale progetto. Ma non si arrese e impostò un programma per portare la spesa militare a 50 miliardi in pochi anni, più che raddoppiandola, come strumento per pretendere la centralità dell’industria militare francese nei consorzi europei. Per realizzarlo, tuttavia, dovrà ricorrere ad un deficit insostenibile se non otterrà un “signoraggio” di settore, cioè il contributo finanziario degli altri europei per sistemi francocentrici. Infatti sta cercando di ottenere dalla Germania il consenso per una difesa europea integrata. Ma Berlino, pur con delicatezza diplomatica, sta rinviando tale progetto. In parallelo, Macron ha intensificato l’offensiva bastone-carota per conquistare l’industria militare italiana allo scopo di includerla nel progetto francocentrico. Per inciso, quando Macron suggerì a Paolo Gentiloni – sembra, in base ad indiscrezioni, facendogli perfino pervenire la bozza della dichiarazione - di proporre una relazione bilaterale forte tra Francia e Italia, denominandola Trattato del Quirinale, per richiamare quello dell’Eliseo tra Francia e Germania che istituì la diarchia franco-tedesca sulla Comunità europea dei tempi, uno dei punti principali della parte riservata dell’accordo riguardava proprio l’integrazione pro-Francia dell’industria militare. Per non infangare ingiustamente la reputazione di Gentiloni va detto che probabilmente concesse molto nella parte dichiarativa per poter rinviare gli aspetti concreti dannosi per l’interesse nazionale, non potendo fare altro per debolezza politica. Irritato per la resistenza italiana, ora Macron sta usando l’ingenuità del governo corrente sul piano delle regole di bilancio per scatenare l’Ue contro l’Italia e ricattarla. Battuta: se Roma vendesse Leonardo ad un’entità francese, o lasciasse che Fincantieri a gestione pro-francese la indebolisse, allora di colpo Parigi e i francesi nella Commissione sosterrebbero che il deficit al 2,4% è una pregevole scelta espansiva.
Il punto: ora Macron deve proseguire il suo progetto di sovranità europea e centralità militare con l’America di traverso, la Germania riluttante e l’Italia, pur debole e penetrata, capace di resistere al tentativo di conquista. O lo molla, ma sarebbe la sua fine politica, oppure tenta un’opzione disperata, ma non del tutto infattibile: schierarsi apertamente contro l’America in nome di un’autonomia europea e di un’Europa che difende il multilateralismo, cioè un ordine mondiale fatto da tanti poteri regionali che sostituisca l’impero americano. Pertanto la provocazione di evocare un esercito europeo che implicitamente potrebbe considerare l’America come un nemico è stata una scelta voluta e, dal punto di vista di Macron, razionale perché ha segnalato: o con me e contro l’America o contro l’Europa. E’ stato un atto molto pericoloso per gli altri europei che richiede una risposta.
L’interesse italiano è che l’Ue formi un mercato integrato con l’America, esteso al Giappone, per rafforzare il G7 e la Nato, negoziando con l’America stessa uno spazio concordato per le relazioni commerciali con Cina e Russia allo scopo di non pregiudicare l’export. La Germania ha un interesse simile. Inoltre l’Italia avrebbe vantaggio dalla convergenza euro-dollaro perché la Bce difficilmente aggiungerà allo statuto la missione di prestatore di ultima istanza che ridurrebbe a zero il differenziale di rischio (spread) tra i diversi eurodebiti, come correttamente richiesto da Paolo Savona, e quindi ha bisogno che la Fed svolga indirettamente tale missione sul lato di un dollaro più connesso all’euro. Tale interesse italiano implica la realizzazione del trattato di libero scambio tra Ue ed America, recentemente proposto da Trump. Ma Washington lo vorrà simmetrico, Parigi lo combatterà e gli europei avranno il problema di non poter rinunciare ai protezionismi. Il problema della simmetria sarà risolvibile, ma se la Francia si oppone la Germania non avrà il coraggio di rompere l’alleanza e la relazione euroamericana sarà compromessa. Su questo conta Macron e non è irrealistico. Roma sta enfatizzando le buone relazioni con l’America, e viceversa, ma ciò comporta il pericolo di avere meno presa nelle relazioni intraeuropee. Quindi suggerisco al governo di esplorare una strategia congiunta con la Germania per attutire la divergenza ed eccessi francesi e rendere l’Ue più disponibile alla convergenza euroamericana, considerando anche che un accordo commerciale con l’America che includa il Regno Unito eliminerebbe l’instabilità potenziale causata dalla Brexit. In conclusione, bloccare la strategia macroniana non è un atto antifrancese, per antipatia, ma uno di salvaguardia delle condizioni di stabilità economica della regione europea, alla fine anche a favore di Parigi.