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Carlo Pelanda: 2018-8-31Milano Finanza e Italia Oggi

2018-8-31

31/8/2018

Passare dall’europeismo passivo ad uno attivo è priorità nazionale

Per l’Italia è urgente dare una sorpresa positiva al mercato per invertire la profezia negativa sul suo destino economico, oggi prevalente. Un progetto di bilancio 2019 euroconforme – sperabilmente equilibrato in senso dinamico includendo più investimenti – sarà una condizione necessaria, ma non sufficiente. Attori e valutatori del mercato non si fidano comunque di un governo non armonizzato tra quattro componenti divergenti: tecnici, una Lega nazional-liberista ed un M5S nazional-socialista in concorrenza elettorale, ma ambedue euro-rivendicativi, e un Quirinale euroconformista in modi passivi. Pertanto la sorpresa positiva dovrà essere anche politica e non solo tecnico-numerica. Quale? Certamente un’Italia che abbandona la tradizionale partecipazione passiva, e recentemente rivendicativa, nell’Ue e ne prende una attiva sortirebbe tale effetto. Possibile che un governo siffatto possa concepire una nuova “grande strategia” del genere? Lo sarebbe se gli attori politici definissero in modo sistemico e non introverso e vago l’interesse nazionale. Questo, sul piano oggettivo, porta la media potenza italiana a moltiplicare la propria forza nazionale attraverso alleanze. Inoltre, l’Ue è una difesa contro le pressioni ostili di Francia e Germania. Infatti, la strategia europeista di Roma nel dopoguerra fu giusta. L’errore, terribile, è stato quello di praticare un europeismo passivo. A quali condizioni l’Italia potrebbe praticarne uno attivo? A quella di mostrare capacità ordinative proprie invece di chiedere concessioni su deficit e debito. Quale l’idea italiana di Ue? Priorità al completamento del mercato unico e sua governance non creando una condivisione di sovranità, ma una convergenza forte delle stesse, cioè un’Ue più intergovernativa: meno di un’unione, ma più di un’alleanza dove per ogni nazione è possibile ricalibrare la formula di adesione per rendere più comoda la partecipazione all’alleanza stessa. Questa, poi, dovrebbe essere strutturata a sufficienza per assicurare l’ordine al sistema, ma non troppo – come invece vorrebbe Parigi – per restare aperta a nuove inclusioni senza che siano annessioni e al mantenimento della Nato. Un’Ue utile come moltiplicatore deve essere estroversa o se no è inutile.  Tale europeismo attivo, se combinato con uno sforzo ordinativo interno, sarebbe la sorpresa che toglierebbe l’Italia dalla classificazione di periferia declinante rendendola centrale come azionista di riferimento dell’Ue. Questa sarebbe la giusta linea di interesse nazionale e un governo che lo enfatizza dovrebbe considerarla. 

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