Qual è la probabilità che in autunno si attualizzi una situazione catastrofica per l’economia italiana innescata dalla fuga dei compratori dal (rifinanziamento del) debito? Questo scenario è sfondo di molti editoriali, è enfatizzato da chi vorrebbe far cadere il governo e temuto dal governo stesso. Chi scrive trova infondati sia il catastrofismo sia la sottovalutazione del rischio. Infatti il rischio c’è, è segnalato da una posizione guardinga da parte degli attori e valutatori del mercato, ma la sua attualizzazione è evitabile non solo con misure tecniche, ma anche rendendo il clima politico della nazione, semplicemente, più razionale e coeso. Semplificando, i fattori utili per misurare il rischio Italia e i rimedi sono quattro. Primo: volume della liquidità a basso costo nel mercato globale. Si sta riducendo per il ritorno delle Banche centrali ad una politica monetaria normale dopo quella espansiva degli anni scorsi. Significato: la platea dei compratori del debito italiano potrebbe restringersi. Secondo: umore del mercato finanziario internazionale. C’è incertezza geopolitica e i flussi di capitale sono orientati verso zone considerate sicure, l’America, il dollaro, il franco svizzero, ecc. Significato: l’Italia è considerata zona poco sicura e parte degli investitori esteri stanno ritirando i capitali, inducendo anche una riduzione degli investimenti interni. Terzo, ma chiave: il mercato, sia esterno sia interno, valuta negativamente un governo dove sono evidenti tre linee diverse (Quirinale euroconformista, Lega liberista, M5S statalista) ed una situazione di campagna elettorale continua che portano a valutare l’Italia incapace di ridurre il debito stimolando più crescita, cioè non sicura. Quarto: la protezione del debito da parte della Bce è vicina al termine. In realtà la Bce rifinanzierà i titoli di debito già comprati (più di 300 miliardi) e il suo “ombrello” non si chiuderà all’improvviso. La liquidità globale comunque è abbondante. Quindi si tratta di convincere il mercato che l’Italia è zona sicura. E, prima dei fatti economici, basterebbe mostrare la coesione del governo su un progetto di stimolazione degli investimenti interni nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, che è possibile tecnicamente, in un clima di riappacificazione per interesse nazionale. Infatti è buon segno che Confindustria abbia annunciato l’intento di creare una consultazione continua con il governo invece di solo contrapporsi, pragmaticamente.