In qualunque possibile scenario e strategia per l’Italia c’è comunque un punto fisso: (tentare di) ridurre almeno una parte del debito attraverso un’operazione di valorizzazione/vendita del patrimonio pubblico disponibile. Siano solo 100 o 200 miliardi, sperabilmente di più, sui quasi 2.300 della passività complessiva, il fatto che lo Stato italiano mostri concretamente una volontà di “de-debitazione” e che lo faccia nel modo più pulito, cioè vendendo patrimonio senza modificare gli obblighi debitori, sarebbe certamente una mossa capace di dare una sorpresa positiva al mercato con la conseguenza di migliorare la credibilità di tutto il sistema economico e finanziario italiano ora nuovamente e pericolosamente scossa. Per tentare l’operazione “patrimonio contro debito” il primo dato da precisare è l’entità del patrimonio disponibile. Circa un anno fa il governo del tempo ha abbandonato l’idea di tale operazione anche perché la stima del patrimonio disponibile lo calcolava solo di circa 50 miliardi. Ma tale stima – riconfermata recentemente e polemicamente dall’On. Boccia a chi scrive durante un dibattito televisivo – appare viziata da evidenti omissioni, basti pensare che 50 miliardi è la stima del patrimonio disponibile della Grecia fatta due anni fa. Il club di analisti frequentato dallo scrivente stima che il valore ricavabile da una finanziarizzazione di immobili, concessioni e partecipazioni che costituiscono il patrimonio disponibile pubblico, nazionale e locale, sia tra i 600 e 700 miliardi, di cui 200-300 più facilmente estraibili. Nel calcolo vengono inclusi gli immobili e le partecipazioni degli enti locali oltre che statali, valorizzazioni potenziali di parte del patrimonio, ora a resa nulla o perfino negativa, che alimentino con rendimento sottostante obbligazioni variabili pluridecennali, ecc. Se, poi, si include il reddito potenziale di concessioni per lo sfruttamento delle risorse energetiche nei fondali marini, il volume complessivo del patrimonio prospettico finanziarizzabile attraverso obbligazioni trentennali è enorme. Ma lasciamo stare questo futuribile perché il punto è capire se l’Italia possa impacchettare almeno 200 miliardi di patrimonio per ridurre in modo secco, in 3 o 4 anni, il volume del debito oppure no. Per riuscirci è necessario fare un censimento del patrimonio che includa quello nazionale e locale con schede per ogni bene che ne valutino il valore di mercato attuale e potenziale. Il solo avviare questo tipo di censimento, finora mai fatto, darebbe un segnale che l’Italia è seria e tenta di fare sul serio.