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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2018-7-16L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

2018-7-16

16/7/2018

Errori da correggere

Pur solo annunciate come idee di singoli ministri, o in forma di decreto ancora correggibile in sede di ratifica parlamentare, le prime misure economiche del nuovo governo producono il rischio di deprimere la crescita invece di stimolarla. Il decreto “Dignità” certamente aumenta la cautela delle aziende nel decidere nuove assunzioni. L’idea di limitare le aperture domenicali, se confermata, ridurrà l’occupazione nel settore del commercio. Quella di rivalutare i progetti infrastrutturali già approvati mette in situazione di incertezza le aziende del settore non solo al riguardo dei casi specifici, ma segnala un orientamento de-sviluppista che può bloccare, in generale, le decisioni private di investimento. Questo timore è amplificato dall’incertezza del governo sul riavvio dell’Ilva, con il rischio di aggiungere altre migliaia di disoccupati a quelli che si prospettano. L’annuncio, poi, della non ratifica parlamentare dell’accordo “Ceta” tra Ue e Canada, che abbatte il 98% dei dazi e che favorisce, soprattutto, le industrie italiane, in particolare quelle piccole, è sorprendente perché i dati mostrano un incremento formidabile dell’export italiano nei primi mesi di sperimentazione del trattato. Ovviamente queste misure imputabili di irrealismo economico potranno restare solo espressione verbale o essere corrette dalla componente pro-mercato e sviluppista in una coalizione che è in fase di apprendimento.  Ma preoccupa che una parte della maggioranza operi sulla base di una dottrina delle garanzie che la storia economica ha mostrato essere sbagliata. L’errore è pensare che lo Stato debba creare ricchezza e il mercato dare garanzie, cioè pensare, come appare nel decreto Dignità, che l’accesso alla ricchezza possa avvenire per diritto e non via mercato. Tutti i tentativi fatti nel mondo con questa visione sono falliti. Mostrano invece successo quelli che si basano sulla teoria che lo Stato debba dare garanzie e il mercato creare ricchezza (e gettito): lasciare libero e flessibile il sistema economico, fornendo a chi è in difficoltà garanzie pubbliche sia di sostegno salariale sia di riqualificazione per cercare nuovo lavoro. In tale modello il precariato non esiste grazie alla garanzia statale sostitutiva, pur libere le imprese di licenziare se necessario. Ne è esempio, pur non perfetto, la riforma delle garanzie in Germania del 2002 che ha rilanciato un’economia declinante. Per riparare l’Italia bisognerebbe anche studiare un po’ di più.

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