L’Italia non può permettersi un disordine politico prolungato che riduca la fiducia del mercato sulle sue possibilità di ripresa. Questa dipende dalla continuazione e aumento dei flussi di investimento privato sia interni sia esterni sulle imprese che incrementano l’occupazione e i consumi, alimentando un ciclo virtuoso di crescita diffusa socialmente e territorialmente. La fiducia dei mercati sull’Italia dipende dalla sua capacità di facilitare la crescita e mantenere in equilibrio la finanza pubblica, riducendo l’indebitamento. Nel 2016 e 2017 tale fiducia è stata sostenuta dalla garanzia da parte della Bce sul debito italiano e dalla grande capacità reattiva del sistema industriale. I governi in questo biennio non hanno fatto particolari politiche fiscali stimolative, a parte l’importante incentivo 4.0. Ma nemmeno hanno fatto disastri recessivi, pur lasciando per inerzia che aumentasse il pericoloso divario tra Nord e Sud e allocando per impieghi improduttivi troppa spesa pubblica in deficit. Una pur minima stabilizzazione interna sotto la protezione Bce, combinata con il boom dell’export, tuttavia, è bastata per convincere il mercato interno ad investire e quello globale a sfruttare i bassi costi dei titoli azionari dovuti alla grave recessione 2012 – 14, rialzandone i valori. In settembre l’ombrello Bce finirà e il rimbalzo “passivo” dell’economia si esaurirà. Pertanto ci vorrà un governo che rassicuri il mercato sulla capacità dell’Italia di mantenere in equilibrio la finanza pubblica senza l’aiuto Bce e di spingere la crescita con politiche fiscali più efficaci. Quindi non basterà “fare un qualsiasi governo”, ma ci vorrà uno che svolga la missione detta sopra. Certamente il Presidente della Repubblica ritiene pericoloso creare un governo tecnico a sua conduzione diretta perché politicizzerebbe il garante di ultima istanza della nazione e, soprattutto, formalizzerebbe la situazione di ingovernabilità. Infatti è probabile che tale opzione, con la minaccia di elezioni in autunno, sia stata comunicata per forzare i partiti ad accordarsi. Ma cosa resta viste le difficoltà di convergenza tra questi? Forse una soluzione “spagnola”: governo minoritario di centrodestra con appoggio esterno del centrosinistra, guidato da una figura istituzionale che permetta il condizionamento indiretto del governo stesso da parte del Quirinale per dargli la linea politica. Tale soluzione combinerebbe meglio delle altre il rispetto del risultato elettorale ed i requisiti per non compromettere la ripresa, nelle contingenze.