Le nazioni dell’Ue attuano in modo scoordinato le rispettive politiche estere, ma la loro forza negoziale esterna dipende dal controllo degli accessi al mercato integrato europeo che per trattato è delegato alla Commissione, cioè ad un organismo comune pur l’ultima parola intergovernativa. Pertanto una politica estera “europea” esiste come strategia di attivazione di trattati di libero scambio con il resto del mondo. L’accelerazione recente dell’accordo doganale con Giappone e Singapore nonché dei negoziati con un’altra decina di nazioni fa ipotizzare una strategia sufficientemente condivisa per rendere l’Ue il centro di un reticolo globale di trattati economici bilaterali che è il precursore geoeconomico di un dominio politico mondiale in prospettiva. La maggior parte degli analisti criticherebbe come irrealistico questo scenario per l’abitudine a valutare i giochi di potere in base alla “forza attiva”, cioè a espressioni dirette di potenza come quelle di America e Cina. Inoltre considererebbero improbabile che un’Europa debellicizzata sia capace di trasformare il reticolo di accordi economici in area di influenza politica. Ma esiste anche le “forza passiva” e questa è rilevante in uno scenario internazionale dove l’impero americano esclude e quello cinese spaventa mentre l’Ue sta offrendo alle nazioni che hanno difficoltà nelle relazioni con Cina e America una relazione profittevole e non condizionante. Ciò rende il potenziale di espansione dell’area eurocentrica più grande di quella americana e cinese. Il fatto che l’Ue abbia semplificato l’approvazione degli accordi doganali, facilitandoli, indica una volontà di espansione come “potenza mercantilista” ovvero di impero economico non politicamente impositivo, Pax Mercatoria, che coincide esattamente con la strategia di potenza nazionale tedesca del dopoguerra. Infatti è Berlino che sta spingendo l’Ue nella direzione qui detta. Ma il pensiero strategico tedesco sottovaluta che l’emergere di una terza forza con una moneta che potrebbe diventare riferimento mondiale pone un problema all’America e che l’espansione europea in Asia è un limite a quella cinese. Pertanto nel prossimo incontro con Trump – Macron è irrilevante nella geopolitica che conta – Merkel dovrebbe marcare, attutendo i toni che la Commissione sta usando, la priorità di un accordo economico euroamericano ed euro-dollaro, corroborato da un rilancio della Nato in modo che l’America percepisca l’espansione europea compatibile con la propria. L’interesse dell’Italia è che Merkel capisca questo punto e non sbagli.