Più che demonizzare il sovranismo bisognerebbe studiare come selezionarlo e includerlo nell’architettura europea per ripararne i difetti e consolidarla. Alla fine degli anni ’90 il Prof. Savona ed io attivammo una ricerca congiunta per contrastare il pensiero economico e politico allora prevalente che violava un fondamentale principio del realismo: le nazioni sono l’unità di base del sistema internazionale e per comporle in organizzazioni stabili ciascuna deve trovarvi una posizione comoda. Considerammo pericolosissimo l’euromodello basato sul conferimento della sovranità di bilancio e monetaria da parte delle nazioni ad un agente europeo privo di meccanismi di compensazione e flessibilità, quindi destinato a crisi di rigidità. Per inciso, fummo profeti. Per la riparazione del modello ipotizzammo un ciclo di andata e ritorno della sovranità economica: una nazione la cede all’agente europeo, ma questo gliela torna rielaborata in modi compatibili al sistema complessivo. Tale principio di sovranità bilanciata fu descritto in “Sovranità e ricchezza” (Sperling, 2001) e in “Sovranità e fiducia” (Sperling, 2005). La reazione di colleghi e politici fu: ma cosa c’entra la sovranità con l’Europa? Preferirono chiedersi questo piuttosto che domandarsi, per esempio, il senso di un modello in cui una nazione mantiene la sovranità su debito, ma la cede sui mezzi per ripagarlo. L’architettura imposta dalla Germania all’area monetaria implica che ogni nazione si metta in ordine da sola per costruire un complesso di nazioni che rispettino il medesimo standard. Questo è un modello di sovranità “convergenti” e non “condivise”. O lo si cambia svoltando verso un modello confederale, ma Berlino e altri non vogliono, oppure bisogna creare la possibilità per ogni nazione di convergere verso uno standard d’ordine in base alla propria situazione specifica. Il punto: la crescita del sovranismo de-costruzionista dipende dalla mancanza di tale possibilità. Alla conseguenza impoverente per alcune nazioni corrisponde la preoccupazione di altre di dover pagare il disordine delle prime e ciò alimenta conflitti bloccanti e destabilizzanti. Pertanto, aggiungere all’euromodello un ritorno di sovranità economica, inteso come modo nazionale per aderire all’ordine economico comune, cioè con il “bollino blu”, sarebbe una forma di sovranismo costruttivo che consoliderebbe l’eurosistema e ridurrebbe il consenso al nazionalismo de-costruzionista. Spero che Savona voglia riprendere il nostro vecchio lavoro in comune che ora la situazione sta mostrando essere utile, forse necessario.