Brivido. La ripresa in Italia è trainata principalmente dall’export, ma Roma è assente nei tavoli dove si determina la configurazione del mercato globale, in particolare le relazioni tra Ue e Stati Uniti. Oggi scade il termine della sospensione dei dazi sull’importazione di allumino e acciaio dall’Ue imposti da Washington. Non è ancora chiaro se Trump deciderà di eliminarli o confermarli. May, Macron e Merkel hanno annunciato, congiuntamente, che se l’America li confermasse, allora l’Ue risponderebbe con ritorsioni. Roma, pur avvertita, non è stata consultata. In sintesi, l’Italia sta partecipando passivamente ad un’azione dissuasiva dell’Ue nei confronti dell’America che è il mercato principale per l’export extraeuropeo italiano. Brivido, appunto.
Le nazioni europee hanno delegato la Commissione europea, per trattato, a gestire le questioni commerciali esterne dell’Ue e ciò ha senso in relazione al mercato unico europeo. Ma nel Consiglio intergovernativo che determina l’orientamento politico della Commissione l’Italia conta zero sia perché ricattata sul piano del debito sia per una politica nazionale incapace di ridurlo e di far valere il peso geopolitico oggettivo dell’Italia stessa. Da un lato, i diplomatici italiani sono stati coinvolti nella definizione riservata delle contromisure Ue in caso di conferma dei dazi da parte statunitense. Dall’altro, il governo Gentiloni è sottomesso alla Francia – che mira a conquistare l’Italia per bilanciare il potere tedesco nell’Ue - pur cercando qualche equilibrio con la Germania. Per questo l’Italia non si è opposta all’adozione di linguaggi dissuasivi contro l’America e non ha proposto con forza l’idea di un trattato di riequilibrio commerciale con l’America – il cui deficit è di circa 150 miliardi anno con l’Ue - come sarebbe stato suo interesse nazionale oggettivo. Si è accodata, invece, alla posizione dissuasiva franco-tedesca. Questa è dovuta anche al fatto che Berlino e Parigi avrebbero seri problemi – più dell’Italia – ad accettare la proposta americana di riequilibrio commerciale perché dovrebbero rinunciare al protezionismo in molti settori e gestire i conseguenti dissensi e sfide competitive. Infatti, per ridurre la pressione sulla simmetria commerciale, Francia e Germania hanno offerto più lealtà politica all’America, pur disgiuntamente. Berlino ha voluto mostrare con restrizioni agli investimenti cinesi che l’Ue resterà nel blocco atlantico senza cedere alla tentazione di aderire a quello euroasiatico. Macron ha offerto un ruolo proconsolare all’America nella regione mediterranea, per altro ridicolizzato da Trump (la quercia rimossa). Ambedue hanno promesso più contributi alla Nato. Londra si è unita a Berlino e Parigi, strumentalmente, per ottenere migliori condizioni nella Brexit e dopo. Sinceramente spero che ciò calmi Trump per evitare danni collaterali all’Italia. Ma di fronte alla dissuasione europea potrebbe anche decidere di destabilizzare l’Ue (ha dichiarato che fu fatta contro l’America) sia per evitare che diventi il centro di un reticolo globale di accordi economici – come sta avvenendo con Canada, Giappone, Messico, ecc. – in competizione con la centralità del mercato statunitense sia per conquistare direttamente l’Eurasia occidentale in vista del confronto con l’emergente potere cinese dove Parigi e Berlino vogliono far giocare l’Ue come terza forza. Appunto, sarebbe più prudente per gli interessi dei G7 e dell’Italia, vaso di coccio in questa partita, avviare subito un trattato euroamericano di simmetria commerciale e rafforzamento della Nato, senza sfide all’America e includendo il Giappone. Ma non è troppo tardi per far sentire la voce di Roma. Se Trump confermasse i dazi, allora l’Italia dovrebbe bloccare le ritorsioni Ue e spingere per il negoziato di reciprocità commerciale. Se Trump li tenesse in sospeso, lo stesso. Se li eliminasse, comunque accelerare il negoziato. L’interesse italiano è che Ue e America convergano e congiuntamente formino un mercato integrato che poi includa altre democrazie. Ma Roma non sta esprimendo tale interesse, accettando la sudditanza a Francia e Germania. Se razionale e lungimirante, il futuro governo italiano dovrebbe proporre a Washington un trattato bilaterale di relazione privilegiata, ma arricchito dal comune impegno ad integrare America ed Ue - e le nazioni del G7 – affinché diventino il pilastro di un mercato mondiale delle democrazie, più grande della sfera d’influenza della Cina autoritaria, idea opposta a quella franco-tedesca di un’Europa post-atlantica che indebolisce l’Occidente. E che Roma, volendo, potrebbe impedire. Impensabile una tale iniziativa italiana nell’orizzonte Nova Pax? Non è pensabile, invece, che l’Italia possa difendere la propria ricchezza se restasse passiva, disordinata e marginale in un Occidente diviso.