I negoziati per l’accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur e con il Giappone trovano ostacolo nell’opposizione di agricoltori ed allevatori europei. E’ evidente interesse italiano ed europeo evitare che un pur importante tema settoriale comprometta la creazione di un reticolo globale di accordi commerciali con al centro l’Europa. Tale interesse riguarda il vantaggio geopolitico di poter negoziare con gli Stati Uniti da una posizione di forza i possibili aggiustamenti dei flussi commerciali atlantici e quello geoeconomico di fornire più accessi esteri agli operatori. Inoltre, un mercato in via di crescente integrazione che potrebbe arrivare rapidamente a due miliardi di persone, avrebbe il potere di dominare gli standard globali, adattandoli ai requisiti del capitalismo democratico (bilanciamento sociale) così contrastando i non-standard imposti, per scala, dalle nazioni del capitalismo autoritario, per esempio la Cina, che sono fonti di instabilità del mercato mondiale. In sintesi, l’Ue deve minimizzare i dissensi interni per avere più capacità di aggregazione esterna. A tale scopo ci vuole un chiarimento: quanto le istituzioni devono tutelare i produttori di cibo europei e quanto, invece, i produttori stessi devono autotutelarsi “di fatto” aumentando la loro capacità competitiva. Le istituzioni devono valutare l’impatto potenziale e minimizzarlo o con compensazioni oppure ritagliando una parte dell’accordo potenzialmente dannoso, rinviandolo o escludendolo. Questo è un metodo, per esempio, da applicare al settore delle carni che implica un miglioramento della procedura intraeuropea di mappazione delle tutele. Se le categorie devono manifestare per ottenerle significa che la procedura ancora non funziona. Sul lato degli operatori del mercato, in particolare il tema della tutela dei marchi che è rilevantissimo per l’Italia, si può notare una reticenza a livello Ue. Qui l’Italia dovrebbe premere di più. Ma gli operatori dovrebbero comprendere che la tutela di un marchio territoriale non può essere fatta tutta da accordi internazionali, ma andrebbe ottenuta via capacità di affermare un marchio in termini di processi competitivi di mercato. I produttori italiani sono piccoli è hanno un gap su questo piano. Ma, oltre a ingrandirsi, dovrebbero richiedere facilitazioni (nazionali) per aumentare la concorrenzialità internazionale e non solo protezioni che hanno un limite intrinseco. Poiché questi problemi possono essere risolti con pragmatismo, appare utile invitare operatori e istituzioni europei ad adottarlo, cosa che ancora non hanno fatto.