La Francia sta programmando un forte aumento della spesa militare nel periodo 2019-25: dai 34 miliardi anno previsti nel 2018 passerà a 50 nel 2025. Gran parte delle risorse sarà allocata per investimenti in tecnologie e sistemi di superiorità: proiezione della deterrenza nucleare via mare ed aria, cyberwar, spazio, missilistica, nonché aumento del personale. In parallelo, la Commissione europea ha annunciato, al momento come “concetto”, un aumento delle risorse finanziarie per il settore sicurezza e militare. Questi due fatti combinati mostrano che la Francia sta spingendo il riarmo europeo per sostenere il proprio nazionale. In particolare, cercherà una posizione “prime” nei consorzi europei di costruzione degli armamenti permessa dalla maggior scala degli investimenti nazionali. Il riarmo europeo a traino francese richiede l’elaborazione di una strategia di interesse italiano, ora mancante, sia generale sia finalizzata a mantenere le capacità dell’industria militare nazionale. Sul piano generale c’è il problema delle relazioni tra Difesa europea e Nato, entro cui si staglia quello di chi protegge l’Italia, via dissuasione, da una minaccia nucleare o comunque non-convenzionale: Parigi o Washington? Ma la questione va rinviata al termine del mandato di Trump perché la sua Amministrazione non è idonea a trattare temi euroamericani in modi positivi. Un tale atteggiamento sarebbe utile a Roma anche per sospendere la strategia francese di creare e condizionare un comando nucleare unificato europeo per confermare la propria centralità geopolitica, così rompendo di fatto la Nato. Per le questioni industriali l’Italia è e sarà costretta a partecipare ai programmi a conduzione francese perché non ha sufficienti né forza propria né accessi, in alternativa, a quelli americani. Quindi deve decidere quali sistemi fare con gli europei, per esempio droni, cybergizmo e navigli; quali produrre autonomamente, considerando la simbiosi rafforzante tra industria italiana e britannica, per esempio elicotteri, e quali mantenere solo nazionali, considerando che il profilo politico dell’Italia percepito come non-condizionante, diversamente dalla Francia, favorisce la commercializzazione di armi in alcune aree, per esempio l’addestratore aereo, ma con capacità multiruolo. Il prossimo governo dovrebbe darsi la capacità di aiutare l’industria militare italiana in tali scelte, ma, soprattutto, dovrebbe aumentare anch’esso gli investimenti militari per poter scegliere, considerando l’impulso che più soldi nel settore darebbero all’economia generale.