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Carlo Pelanda: 2018-2-6La Verità

2018-2-6

6/2/2018

Conviene una strategia di realismo freddo verso la Turchia

Per l’individuazione della giusta strategia dell’Italia nei confronti della Turchia è necessario mettere da parte le giustificate emozioni negative nei confronti di Recep Erdogan e pensare freddamente in termini di rischi/vantaggi prospettici. Non sarà facile superare il disgusto per l’autoritarismo e l’islamismo regressivo di Erdogan, per la repressione contro i curdi, né trovare convergenze almeno minime con un regime che ha sbagliato tutto in politica estera, da un decennio, compromettendo la sua credibilità. Ma dobbiamo pensare che quasi il 50% della popolazione turca è a favore di una democrazia di tipo occidentale, fatto che ne rende possibile il ripristino. Inoltre, una Turchia isolata e nervosa – come per altro è adesso -  potrebbe fare mosse che destabilizzerebbero l’intero Mediterraneo e i Balcani, dove sostiene le non piccole formazioni islamiche in Bosnia, Kosovo, Macedonia e Albania. Si consideri poi che l’America non vuole lasciare la Turchia alla Russia e ha interesse mantenere basi strategiche in quel territorio. La Germania, pur non ingaggiata nel Mediterraneo, da decenni coltiva una forte presenza in Iran, Turchia stessa, e in tutta l’area balcanica in competizione commerciale con l’Italia. La Francia è ingaggiata in tutta l’area cercando il ruolo di proconsole europeo nella stessa, puntando a sovrastare l’Italia. In una situazione del genere – complicata dall’influenza turca sui Fratelli musulmani che hanno parecchio peso in Tripolitania -  gli interessi geopolitici, economici e di sicurezza dell’Italia, vanno perseguiti con freddo realismo.

L’incontro di ieri tra Erdogan e Gentiloni è stato necessariamente interlocutorio, perché il governo è a termine, e probabilmente caratterizzato da un “realismo passivo”: mantenere buone relazioni diplomatiche per garantire la continuità dell’interscambio tra Italia e Turchia che vale circa 20 miliardi. Da un lato, il governo italiano ha fatto bene ad accettare l’incontro con Erdogan per non lasciare che Francia e Germania ne siano i soli interlocutori europei, considerando che Londra ha già impostato un accordo commerciale con Ankara. Dall’altro, materia per il prossimo governo, l’Italia dovrebbe praticare una strategia di “realismo attivo” perché i suoi interessi in riferimento alla Turchia non potranno essere perseguibili da uno “passivo”.

Quale strategia? La Turchia mai entrerà nell’Ue ed è inutile tenerla appesa a una ambiguità. L’Italia dovrebbe spingere per un trattato di libero scambio ben strutturato tra Ue e Turchia, rielaborando l’accordo commerciale già esistente, in modo da tenerla agganciata al mercato europeo pur restando fuori dall’Ue. Ciò serve a trovare una collocazione di Ankara allo stesso tempo convergente e separata, che non la isoli sollecitando irrazionalità e che comunque abbia un effetto condizionante indiretto per limitare gli eccessi autoritari di Erdogan e favorire un futuro rispristino, almeno, dello Stato di diritto. Berlino probabilmente ci starebbe perché vedrebbe una possibile cogestione con l’Italia del Mediterraneo orientale, limitando la pretesa proconsolare francese al Mediterraneo occidentale. Inoltre, con tre milioni circa di cittadini/residenti di origine turca ha un evidente interesse a trovare una soluzione del genere.  Erdogan accetterebbe? Non ha altre opzioni, a parte l’inclusione nella sfera russa che però gli costerebbe il collasso del mercato finanziario interno per reazione dell’America e un maggiore interesse occidentale a rovesciarne il regime e/o a sostenere l’indipendentismo curdo. In particolare, il futuro trattato commerciale con l’Ue potrebbe essere disegnato come “cerniera” per favorire il mercato turco negli scambi con l’Iran e altri centroasiatici dando un vantaggio geoeconomico rilevante ad Ankara, in cambio della sua (ri)convergenza sia con l’Ue sia con la Nato. Propongo di concedere troppo al regime sciagurato di Erdogan? Dobbiamo considerare che: a) l’interesse italiano e occidentale primario è riassorbire Ankara per evitarne azioni destabilizzanti; b) il movimento democratico laicista turco è stato indebolito dal rifiuto di far entrare Ankara nell’Ue e che la formula di inclusione selettiva detta sopra potrà ridargli forza per le prossime elezioni, il cui svolgimento corretto sarà una condizione per il trattato commerciale; c) appunto, i condizionamenti si fanno con bastone e carota, calibrandoli. Erdogan è e resterà debole e pertanto tale calibratura dovrebbe spostarsi sul lato della carota pur mostrando il bastone. Abbandonare i curdi? Certamente no, anche perché difenderli e, riservatamente, addestrarli ed armarli è e sarà un bastone che certamente Ankara teme, quindi strumento dissuasivo per spingerla alla ri-convergenza, considerando l’ottima relazione tra Curdi e Italia.

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