Quale dovrebbe essere la missione esterna dell’Ue e quindi la migliore architettura interna per eseguirla? L’idea degli Stati Uniti d’Europa, come rilanciata da Macron è un provincialismo strategico perché datata, ristretta e inutile. E’ evidente che Macron voglia rinnovare il progetto gaullista del 1963 di usare l’Europa come moltiplicatore della piccola potenza nazionale francese. I commenti al riguardo marcano l’infattibilità del disegno macroniano per indisponibilità della Germania. Ma l’idea dovrebbe essere criticata in relazione ad un progetto storico alternativo adeguato ai tempi, cioè estroverso e non solo euro-introverso. L’integrazione europea con metodo funzionalista è stata uno splendido esempio di convergenza tra nazioni sovrane tra il 1957 e il 1989: apertura dei mercati nazionali e adesione a standard sovranazionali passo dopo passo, dove in ogni avanzamento vi era la certezza di tutti che fosse utile. La paura francese che, dopo la riunificazione, la Germania (ri)emergesse come potenza singola europea e che Berlino abbandonasse l’accordo diarchico con Parigi, generò la transizione dal modello comunitario e funzionalista verso quello unionista e gerarchico (Maastricht, 1992) per ingabbiare la Germania stessa. L’idea era creare uno Stato europeo guidato da Parigi con Berlino secondo partner. Proprio questa idea, che ha prodotto più disintegrazione che integrazione, è invecchiata. Nel futuro sarà reciprocamente più utile per tutte le nazioni democratiche del pianeta integrarsi in un mercato comune, formando una Libera Comunità con raggio globale, da costruirsi con metodo funzionalista, coordinato da un G7 sempre più allargato. In sintesi, l’esperienza integrativa europea è utile per produrre ulteriori integrazioni tra democrazie sul piano mondiale. Qualsiasi simulazione mostra che un mercato globale delle democrazie avrebbe, per tutte, un’utilità immensamente superiore alla configurazione frammentata corrente. Se l’Ue si desse tale missione esterna, in particolare dopo il cedimento della Pax Americana, certamente le servirebbe una maggiore integrazione interna, ma non fino al punto di creare un superstato che trasformerebbe future inclusioni in annessioni, rendendole infattibili. Per questo l’europeismo dovrebbe essere sostituito dal “globalismo democratico”, ridefinendo la convergenza europea come strumento di “integrazione sufficiente” per produrne altra nel globo. Sul piano della ricerca tecnica servirebbero modelli di “sovranità convergenti e reciprocamente contributive”, abbandonando il “flogisto” delle “sovranità condivise”.