Il 21 settembre è entrato in vigore il Trattato di libero scambio tra Ue e Canada, Ceta. Si tratta più di un accordo doganale, che elimina il 98% dei costi nelle transazioni confinarie, che di uno d’integrazione di mercato, cioè di adesione a standard comuni industriali, giuridici, ecc., ma è un primo passo di forte convergenza. Il beneficio economico aggiuntivo reciproco non è particolarmente rilevante pur importante la riduzione dei costi di accesso per le piccole imprese europee al mercato canadese, fatto non trascurabile per quelle italiane, e viceversa. Ma la vera rilevanza del Ceta, da annotare negli scenari di “geopolitica economica” come già enfatizzato in un articolo precedente, riguarda la prospettiva di un mercato integrato internazionale eurocentrico basato su accordi di reciprocità commerciale, di fatto un perimetro che include democrazie in quanto unici sistemi che possono garantire la reciprocità stessa in base alla similarità dei modelli economici. Il progetto obamiano (2013 – 2016) di creare un mercato integrato amerocentrico attraverso due trattati di libero scambio nell’area del Pacifico (Tpp, multilaterale, cancellato da Trump) e dell’Atlantico, con l’Ue (Ttip, bilaterale, negoziati sospesi) con l’America in posizione di cerniera e, quindi, di dominio potrebbe essere sostituito da una matrice di accordi bilaterali tra Ue e altre nazioni democratiche senza gli Stati Uniti. Il Canada ha premuto per accelerare il trattato come risposta dissuasiva alla richiesta statunitense di rivedere l’accordo di libero scambio nordamericano (Nafta) in termini più restrittivi. Lo stesso stanno facendo Giappone, Australia e altri spaventati dalla cancellazione del Tpp. L’Ue sta semplificando la complicatissima, e vulnerabile a dissensi di gruppi d’interesse settoriali, procedura di approvazione dei trattati esterni proprio per rendere più agevole la costruzione di questa matrice eurocentrica. Ovviamente l’Ue e le nazioni citate non vorranno una frizione con l’America che comporti una riduzione degli accessi al suo mercato e nemmeno Washington vorrà perdere centralità. Ma lo scenario fa ipotizzare, in base a segnali concreti, che l’integrazione economica globale tra democrazie, anche strategia di condizionamento dei regimi di capitalismo autoritario, potrà procedere senza l’impulso statunitense pur non contro l’America. Un’Ue estroversa e con scala per definire gli standard globali è certamente un (s)oggetto (geo)politico che merita nuove valutazioni dopo la trasformazione dell’America a conduzione Trump da impero in regno.