Indiscrezioni fanno ipotizzare che Stati Uniti e Cina siano in competizione per chi arriverà prima su Marte. Hanno i soldi per farlo, considerando che ambedue devono affrontare problemi rilevanti di bilancio e debito? Non è chiaro, ma il budget della Difesa statunitense ha risorse notevoli da riallocare per esoinvestimenti e la Cina ha già da tempo megastanziamenti nel settore. La volontà? L’obiettivo Marte è strumentale per il consenso. Il vero scopo è la superiorità strategica (ed esoindustriale). Il domino dell’orbita terrestre non lo si ottiene con mezzi che girano nell’orbita stessa né con sistemi antisatelliti basati sulla Terra o sulla Luna. Lo si può raggiungere, invece, con strumenti che possono intervenire “da dietro” cioè dalla spazio profondo, posizione di difesa/attacco migliore per prendere il controllo dell’orbita e da lì gestire un conflitto sulla superficie terrestre. Tutti i mezzi militari ora operativi e programmati, con l’eccezione delle nanoarmi e forse dei sottomarini, sarebbero annichilabili dall’orbita, modificando totalmente la guerra. Cosa collocare nello spazio profondo? Esohabitat predisposti per presenze umane prolungate che facciano da portaerei per mezzi di ingaggio rapido. Il primo passo per la tecnologia di tali esohabitat corrisponde a quella di un’astronave che porti umani verso Marte. Si potrà anche andare su questo scomodo pianeta per motivi di bandiera e scienza, ma l’obiettivo è costruire la capacità di insediamenti permanenti nello spazio profondo. Non è certo che Cina e America tentino questa strada, non solo per un problema di risorse e di distanza tecnologica dalla fattibilità, ma anche per uno di sostenibilità dell’impegno. E molto difficile, infatti, organizzare un’esoeconomia che trasformi in giro d’affari a rapido ritorno gli investimenti spaziali, pur notevoli le innovazioni tecnologiche poi trasferibili al mercato civile terrestre. Pertanto sarebbe benvenuta una concorrenza tra potenze che sostiene le spese per tali esoprogrammi, così permettendo alle innovazioni derivate di maturare il loro potenziale economico. E sarebbe importante per la specie: in un evento di estinzione sulla Terra i sopravissuti non andrebbero su un pianeta ostile difficile da terraformare, ma su (mega)esohabitat già predisposti e scalabili. Immorale dover sperare in una competizione strategica per la futura salvazione? Fino a che non si trova il modo per far girare un’esoeconomia civile, la leva militare è l’unica a poter dare all’umanità un accesso allo spazio profondo. Scenario remoto? No, lo si decide in questi anni. Indiscrezioni fanno ipotizzare che Stati Uniti e Cina siano in competizione per chi arriverà prima su Marte. Hanno i soldi per farlo, considerando che ambedue devono affrontare problemi rilevanti di bilancio e debito? Non è chiaro, ma il budget della Difesa statunitense ha risorse notevoli da riallocare per esoinvestimenti e la Cina ha già da tempo megastanziamenti nel settore. La volontà? L’obiettivo Marte è strumentale per il consenso. Il vero scopo è la superiorità strategica (ed esoindustriale). Il domino dell’orbita terrestre non lo si ottiene con mezzi che girano nell’orbita stessa né con sistemi antisatelliti basati sulla Terra o sulla Luna. Lo si può raggiungere, invece, con strumenti che possono intervenire “da dietro” cioè dalla spazio profondo, posizione di difesa/attacco migliore per prendere il controllo dell’orbita e da lì gestire un conflitto sulla superficie terrestre. Tutti i mezzi militari ora operativi e programmati, con l’eccezione delle nanoarmi e forse dei sottomarini, sarebbero annichilabili dall’orbita, modificando totalmente la guerra. Cosa collocare nello spazio profondo? Esohabitat predisposti per presenze umane prolungate che facciano da portaerei per mezzi di ingaggio rapido. Il primo passo per la tecnologia di tali esohabitat corrisponde a quella di un’astronave che porti umani verso Marte. Si potrà anche andare su questo scomodo pianeta per motivi di bandiera e scienza, ma l’obiettivo è costruire la capacità di insediamenti permanenti nello spazio profondo. Non è certo che Cina e America tentino questa strada, non solo per un problema di risorse e di distanza tecnologica dalla fattibilità, ma anche per uno di sostenibilità dell’impegno. E molto difficile, infatti, organizzare un’esoeconomia che trasformi in giro d’affari a rapido ritorno gli investimenti spaziali, pur notevoli le innovazioni tecnologiche poi trasferibili al mercato civile terrestre. Pertanto sarebbe benvenuta una concorrenza tra potenze che sostiene le spese per tali esoprogrammi, così permettendo alle innovazioni derivate di maturare il loro potenziale economico. E sarebbe importante per la specie: in un evento di estinzione sulla Terra i sopravissuti non andrebbero su un pianeta ostile difficile da terraformare, ma su (mega)esohabitat già predisposti e scalabili. Immorale dover sperare in una competizione strategica per la futura salvazione? Fino a che non si trova il modo per far girare un’esoeconomia civile, la leva militare è l’unica a poter dare all’umanità un accesso allo spazio profondo. Scenario remoto? No, lo si decide in questi anni.