ENGLISH VERSION


Dati personali
Pubblicazioni
Articoli
CAP TV
Interviste
Voci dei lettori

 CERCA


Carlo A. Pelanda
X  

MENU   VITA   ARTICOLI   INTERVISTE
fb Tw print

Carlo Pelanda: 2017-10-14Milano Finanza e Italia Oggi

2017-10-14

14/10/2017

La Cina investirà sulla Via della seta molto meno di quanto si pensi

Il pensiero strategico cinese elaborò il progetto di nuova Via della seta per terra e mare (Obor, one belt one road) come risposta all’annuncio, nel febbraio 2013, da parte dell’Amministrazione Obama di formare due aree di mercato centrate sull’America, una nel Pacifico (Tpp) e l’altra con l’Ue (Ttip), che escludessero la Cina (e la Russia). La strategia statunitense stava passando dal contenimento a una politica di condizionamento: utilizzare gli accessi al mercato Tpp + Ttip, il più grande del pianeta, per costringere Pechino ad accettare condizioni più stringenti per mantenerli. La strategia del solo contenimento funzionò con l’Unione sovietica perché questa era marginale nel mercato internazionale. Ma poiché la Cina era ormai al centro del mercato, un suo contenimento avrebbe comportato una crisi mondiale. Da queste analisi – alle quali chi scrive contribuì nel 2007 con il libro “The Grand Alliance” – emerse che la “questione cinese”, cioè il problema di non lasciare che un regime di capitalismo autoritario diventasse la prima potenza mondiale, richiedeva un condizionamento che incidesse sulla principale vulnerabilità della Cina, cioè la sua dipendenza da un modello trainato dall’export. L’idea del condizionamento via mercato integrato delle democrazie, poi, fu sostenuta anche dalla preoccupazione di una possibile implosione della Cina, in prospettiva, e conseguente necessità di creare un prestatore di ultima istanza e un apparato militare globale di scala adeguata.  Pechino reagì a questo rischio esistenziale per la continuità del Partito comunista – linea guida prioritaria di Grand Strategy – comunicando che se l’America avesse formato l’area Tpp + Ttip, allora la Cina ne avrebbe fatta una più grande: tutta l’Eurasia. A inizio 2017 Trump cancellò il Tpp e congelò il Ttip.

Ora la Cina è meno in ansia grazie  alla ritirata dell’America mentre la Russia lo è di più perché teme di dover fronteggiare da sola l’espansione cinese in Eurasia. Pechino, tuttavia, è consapevole che l’America potrebbe tornare alla carica, anche sollecitata dalle nazioni asiatiche che non vogliono essere annesse nella Greater China. In due modi: a) ri-convergenza tra America e Russia, con traino dell’Ue, inizialmente tentata da Trump, ma sabotata dal lobbying cinese nel Congresso; b) ritorno a qualcosa di simile al Tpp nel Pacifico, solo bilateralizzato, e ripresa del Ttip pur in formato meno ambizioso. Pertanto Pechino ha la necessità di mantenere la strategia Orob, dando concretezza a un progetto per ora solo nominale, di approfondire la convergenza della Russia, ma senza perdere di vista la possibilità di un accordo G2 con l’America. Dare qualche concretezza a progetti Orob non sarà facile per Pechino perché deve riallocare risorse di investimento esterno a favore della copertura di enormi buchi di bilancio nel sistema bancario e nelle imprese di stato. Pertanto Orob sarà limitato ai casi dove è più semplice trasferire manodopera cinese a rischio di disoccupazione e tenere saldamente in mano governativa i progetti infrastrutturali per usarli in chiave geopolitica. In sintesi, la strategia di Xi Jinping, qualora riuscisse ad evitare l’implosione interna via concentrazione di potere nelle sue mani, sarà: limitare Orob all’essenziale e fattibile, pur mantenendo il linguaggio, rassicurare l’America per evitare che trovi motivi per riprendere la strategia di condizionamento e dare qualcosa in più alla Russia per tenerla buona. L’obiettivo è perseguire una regionalizzazione del mercato globale, lasciando a ogni potenza una propria sfera d’influenza e mantenendo un po’ di comunicazione commerciale tra sfere, per poi rendere lentamente la Cina la più grande tra queste sfere stesse: più che dominare Eurasia e mondo, Xi Jinping punterà a preservare il mito “collante” della dichiarazione della Cina come prima potenza mondiale nel 2049, centenario della vittoria dei comunisti, nel frattempo limitando l’espansione per evitare controreazioni condizionanti. Pechino spenderà soldi per questo scopo limitato, ma molti meno di quanto tanti ora pensano.     

(c) 2017 Carlo Pelanda
FB TW

(c) 1999 Carlo Pelanda
Contacts: letters@carlopelanda.com
website by: Filippo Brunelli
Privacy policies
X
La tua privacy è importante
Utilizziamo, senza il tuo consenso, SOLO cookies necessari alla elaborazione di analisi statistiche e tecnici per l'utilizzo del sito. Chiudendo il Cookie Banner, mediante il simbolo "X" o negando il consenso, continuerai a navigare in assenza di cookie di profilazione. More info

Tutti Cookie tecnici Cookie analitici di terze parti

Accetto Chudi